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Devoluzione della Giurisdizione nei casi di recesso dal contratto di appalto

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Devoluzione della Giurisdizione nei casi di recesso dal contratto di appalto

Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine all’atto di recesso da un contratto di appalto per la realizzazione di lavori, esercitato dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 134D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

Nell’ambito dell’esecuzione del contratto le uniche ipotesi di devoluzione della materia alla cognizione del giudice amministrativo sono tassativamente individuate dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a.

Il Consiglio di Stato, sulla scia della recente Sentenza dell’Adunanza Plenaria, 20 giugno 2014, n. 14, ha ribadito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla contestazione di atto di recesso da un contratto di appalto per la realizzazione di lavori, esercitato dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 134D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

Secondo il ragionamento dei giudici di Palazzo Spada nel procedimento di affidamento di lavori pubblici le pubbliche amministrazioni se, dopo aver stipulato il contratto di appalto, rinvengono sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo disciplinato dall’art. 134D.Lgs. n. 163 del 2006.

L’esplicita riconduzione di quest’ultimo all’esercizio di un diritto potestativo toglie ogni valore alla tesi secondo la quale il diritto potestativo medesimo risulterebbe esercitabile soltanto all’esito di un procedimento sostanziante in capo alla parte privata una posizione di interesse legittimo

L’art. 244D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e l’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. introducono un chiaro discrimine tra la fase della scelta del contraente con la pubblica amministrazione, retta da norme cosiddette “di azione” che involgono un sindacato proprio della discrezionalità amministrativa devoluto al giudice amministrativo, e la fase dell’esecuzione del contratto conseguente a tale scelta, concettualmente non diverso dai contratti stipulati tra i soggetti privati e, pertanto, naturalmente ricadente nella giurisdizione del giudice ordinario.

Nell’ambito dell’esecuzione del contratto le uniche ipotesi di devoluzione della materia alla cognizione del giudice amministrativo sono tassativamente individuate dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., consistenti, nello specifico, nelle controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, in quelle inerenti alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché in quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto.

Per il recesso, viceversa, permane la giurisdizione del giudice ordinario trattandosi di disciplina legislativa che configura una posizione paritetica tra le parti.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale 6206 del 2014, proposto da:

sul ricorso numero di registro generale 6206 del 2014, proposto da:

Consorzio Cooperative Costruzioni – C.C.C. Società cooperativa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Dugato e dall’avv. Massimo Occhiena, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’avv. Diego Vaiano, Lungotevere Marzio, 3;

contro

Regione Autonoma Valle d’Aosta, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Laura Formentin, con domicilio eletto in Roma presso la Segreteria della Sezione, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. per la Valle d’Aosta n. 39 dd. 11 giugno 2014, resa tra le parti e recante la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul recesso dal contratto d’appalto avente ad oggetto i lavori di realizzazione del parco archeologico di Saint Martin de Corléans;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Autonoma Valle d’Aosta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2014 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l’appellante l’avv. Marco Dugato e l’avv. Massimo Occhiena, e per l’appellata Regione Autonoma Valle d’Aosta l’avv. Laura Formentin;

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

Ritenuto che l’appello in epigrafe va respinto per quanto qui di seguito specificato.

1.1. L’attuale appellante, Consorzio Cooperative Costruzioni, espone che con deliberazione della Giunta Regionale della Valle d’Aosta n. 4001 dd. 15 novembre 2004 è stato approvato il progetto esecutivo revisionato avente ad oggetto la realizzazione del Parco archeologico nell’area megalitica di Saint Martin de Corléans, ad Aosta.

Sulla base di tale progetto, la medesima appellante si è aggiudicata la gara per l’esecuzione del medesimo per un importo netto pari ad Euro 14.276.067,34.- con ribasso d’asta pari al 5,98%.

Sono peraltro insorti dissensi tra il Consorzio e la Regione in sede di realizzazione delle opere previste, con ritardi che – puntualmente descritti dal Consorzio medesimo nello stesso atto d’appello da pag. 2 a pag. 8 – l’appellante imputa, diversamente dalla Regione, ai contenuti perplessi del progetto anzidetto, nonché alle correzioni imposte durante l’esecuzione dei lavori.

1.2. In dipendenza di tutto ciò, con Provv. n. 981 dd. 21 marzo 2014 il competente dirigente regionale ha disposto a’ sensi dell’art. 134 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 il recesso dal contratto a suo tempo stipulato con il Consorzio.

1.3. Quest’ultimo, a sua volta, con ricorso proposto sub R.G. 30 del 2014 innanzi al T.A.R. per la Valle d’Aosta ha chiesto l’annullamento di tale provvedimento, nonché della conseguente sua comunicazione e di ogni altro atto presupposto e conseguente.

Con motivi aggiunti sono stati – altresì – impugnati l’atto del responsabile unico del procedimento dd. 2 maggio 2014, l’atto a firma congiunta del responsabile medesimo e del dirigente dell’Avvocatura Regionale dd. 14 maggio 2014 e il verbale dd. 19 maggio 2014 di presa in consegna del cantiere.

1.4. Si è costituita in tale primo grado di giudizio la Regione Autonoma Valle d’Aosta, eccependo al riguardo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

1.5. Con sentenza n. 30 dd. 11 giugno 2014 l’adito T.A.R. ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, compensando integralmente tra le parti le spese e gli onorari di tale primo grado di giudizio.

2.1. Con l’appello in epigrafe il Consorzio chiede ora la riforma di tale sentenza, deducendo che il collegamento tra il comma 3 e le altre previsioni dell’art. 134 del D.Lgs. n. 163 del 2006 non lascerebbero dubbi in ordine alla circostanza che la dichiarazione di recesso da parte dell’Amministrazione debba essere preceduta da una fase che si apre con il preavviso di recesso di cui al comma 3, che non può durare meno di venti giorni e che si contraddistingue per un contenuto el tutto indefettibile, tanto per l’acquisizione degli elementi di fatto necessari ad esercitare il recesso, quanto per la necessità di porre in essere comportamenti ritenuti dalla legge prodromici al successivo, materiale esercizio del recesso.

Tale procedimento avrebbe pertanto una scansione precisa e rigida, ossia: 1) la stazione appaltante comunica il preavviso di recesso; 2) nei venti giorni successivi ha luogo il pagamento integrale dei lavori eseguiti, la valutazione dei materiali di cantiere con conseguente corresponsione del valore all’appaltatore; 3) rimozione dai magazzini dei materiali non accettati; 4) comunicazione del recesso che, ai sensi del comma 1, non può avvenire se non dopo il pagamento integrale dei lavori, dei materiali utili e del decimo dei lavori non eseguiti.

Secondo la prospettazione dell’appellante su tale procedimento prodromico del recesso, proprio in quanto indubitabilmente retto dalle norme d’azione della L. 7 agosto 1990 n. 241 e ss., sussisterebbe la giurisdizione di questo giudice: giurisdizione che in concreto doveva essere adita in quanto nel ricorso in primo grado sono state formulate puntuali censure di legittimità in ordine alla mancata osservanza delle disposizioni normative che disciplinano il procedimento testè descritto, ferma restando la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sul recesso ad esso consequenziale.

Diversamente argomentando, dovrebbe concludersi – sempre secondo la prospettazione dell’appellante – nel senso che l’Amministrazione non godrebbe di poteri discrezionali, ma di vera e propria libertà (se non addirittura di un arbitrio), risultando in tal modo di fatto svincolata dal rispetto del principio di ragionevolezza e dell’obbligo di motivazione proprio in quanto il giudice il giudice ordinario asseritamente non disporrebbe dei poteri necessari di valutazione degli interessi e d’intervento a tutela della corretta azione amministrativa.

2.2. Si è costituita anche nel presente grado di giudizio la Regione Autonoma Valle d’Aosta, concludendo per la reiezione dell’appello in epigrafe.

3.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

3.2. Con recente sentenza n. 14 dd. 20 giugno 2014 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che nel procedimento di affidamento di lavori pubblici le pubbliche amministrazioni se, dopo aver stipulato il contratto di appalto, rinvengono sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo disciplinato dall’art. 134 del D.Lgs. n. 163 del 2006.

L’esplicita riconduzione dell’istituto di cui trattasi all’esercizio di un diritto potestativo toglie ogni valore alla tesi dell’appellante secondo la quale il diritto potestativo medesimo risulterebbe esercitabile soltanto all’esito di un procedimento sostanziante in capo alla parte privata una posizione di interesse legittimo.

A tale proposito va richiamato il netto discrimine che l’art. 244 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e l’art. 133, comma 1, lett. e), cod. proc. amm. introducono tra la fase della scelta del contraente con la pubblica amministrazione, retta da norme cc.dd. “di azione” che involgono un sindacato proprio della discrezionalità amministrativa devoluto a questo giudice, e la fase dell’esecuzione del contratto conseguente a tale scelta, concettualmente non diverso dai contratti stipulati tra i soggetti privati e – pertanto – naturalmente ricadente nella giurisdizione del giudice ordinario.

Nell’ambito dell’esecuzione del contratto le uniche ipotesi di devoluzione della materia alla cognizione del giudice amministrativo sono tassativamente individuate dalla susseguente lett. f) dello stesso comma, contemplante le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonchè quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto.

Per il recesso – viceversa – permane la giurisdizione del giudice ordinario trattandosi di disciplina legislativa che comunque configura tra le parti una posizione paritetica (cfr. sul punto, ex plurimis, Cass. SS.UU., 28 novembre 2008 n. 28345; Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2010 n. 469; Sez. V, 7 gennaio 2009 n. 8).

Né la stessa strutturazione dell’art. 134 del D.Lgs. n. 163 del 2006 non preclude, comunque, al giudice ordinario eventualmente investito della relativa controversia di definire il proprio giudizio anche con riguardo al contenuto del contraddittorio procedimentale precedentemente instauratosi tra le parti e al loro concreto operato.

4. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza, e sono liquidati nel dispositivo.

Va – altresì – dichiarato irripetibile l’importo corrisposto nel presente grado di giudizio a titolo di contributo unificato, a’ sensi dell’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modifiche.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante Consorzio Cooperative Costruzioni – C.C.C. Società cooperativa al pagamento delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di Euro 4.000,00.- (quattromila/00) oltr4e ad I.V.A. e C.p.a.

Dichiara – altresì – irripetibile l’importo corrisposto nel presente grado di giudizio a titolo di contributo unificato, a’ sensi dell’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente FF

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere