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Diritto Penale. Anche un bacio con un minore consenziente integra il reato di cui all'art.609 quater c.p.

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Anche un bacio con un minore consenziente integra il reato di cui all’art.609 quater c.p.

di Elisa Asprone

Con la sentenza n. 31934 del 2015, la Suprema Corte di Cassazione affronta la delicata questione della sussistenza del reato di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609 quater.

Nel caso di specie, l’imputato aveva scambiato con la minore infraquattordicenne un bacio sulle labbra, peraltro con il consenso esplicito della stessa.

Ebbene, a detta della Corte, il reato in esame è compatibile anche solo con un bacio, imponendo, tuttavia, un accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante.

Nella fattispecie oggetto della predetta sentenza, avendo la minore un’età inferiore agli anni quattordici, risulta irrilevante, secondo la Corte, l’eventuale consenso dalla stessa prestato.

Infatti, il consenso di una persona infraquattordicenne, pur “alla stregua dell’evoluzione umana e sociale”, rimane assoggettato sul piano normativo da “un giudizio assoluto di immaturità”, con ciò, implicitamente ma inequivocamente, escludendo che la sua presenza possa comunque integrare la carenza del dolo nell’individuo maggiorenne che con tale persona compie l’atto sessuale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-07-2015) 22-07-2015, n. 31934

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCO Amedeo – Presidente –

Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.D. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 4844/2009 CORTE APPELLO di VENEZIA, del disposto d’ufficio 20/10/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/07/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Romano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. Roatta Lino di Vicenza.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza del 20 ottobre 2014 la Corte d’appello di Venezia, a seguito di appello proposto da B.D. avverso sentenza del 17 gennaio 2008 con cui il gup del Tribunale di Vicenza lo aveva condannato alla pena di due anni di reclusione per il reato di violenza sessuale nei confronti di una infraquattordicenne (per averla baciata), riconosciuta l’attenuante dell’art. 609 quater c.p., comma 4, estendeva la già riconosciuta diminuente ex art. 609 quater c.p., comma 4, riducendo in tal modo la pena a un anno e due mesi di reclusione.
  2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di due motivi: il primo denuncia violazione di legge e vizio motivazionale per avere ritenuto il giudice d’appello sussistente l’elemento psicologico del reato e non avere motivato al riguardo; il secondo denuncia ancora violazione di legge e vizio motivazionale quanto al diniego delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso è parzialmente fondato.

3.1 Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 609 quater c.p., per avere erroneamente la sentenza ritenuto integrato l’elemento psicologico del reato e comunque avere offerto una motivazione carente o illogica al riguardo. Si era contestato soltanto un bacio sulle labbra, liberamente scambiato tra l’imputato e la minore, la quale aveva anche dichiarato che avrebbe voluto fare di più in una lettera del 9 gennaio 2003, citata pure nella sentenza. Secondo il ricorrente, “nel comune sentire”, un bacio non può costituire un illecito; dinanzi a questa doglianza, presentata al giudice del gravame di merito, la motivazione non sarebbe altro che tautologica.

Va premesso che la valutazione della sussistenza, nel caso concreto, del reato contestato, sia per quanto concerne l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo, è oggetto di cognizione di merito; e, in particolare, il fatto che l’atto sessuale nel caso di specie sia consistito nell’avere soltanto dato un bacio (definito dalla parte offesa, nella lettera da lei scritta, appassionato e consensuale) non ha rilievo di per sè, nè sotto il profilo oggettivo nè sotto il profilo del dolo, avendo consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte affermato la compatibilità del bacio con il reato sessuale, salva la concreta valutazione, appunto, del giudice di merito della sua specifica idoneità a integrarlo (da ultimo, Cass. sez. 3^, 26 novembre 2014-13 gennaio 2015 n. 964 – che richiama appunto la necessità, in tal caso, di “accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante” – e Cass. sez. 3^, 12 febbraio 2014 n. 10248 – che patimenti esige una valutazione del giudice di merito “che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l’azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti fra le persone coinvolte e di ogni determinazione della sessualità del soggetto passivo”).

E nel caso di specie, la corte territoriale ha concordato con il giudice di prime cure in ordine alla sussistenza del contestato reato sessuale, pur qualificabile come di minore gravità, affrontando specificamente, quanto all’elemento soggettivo del reato stesso sotto il profilo della buona fede dell’agente, la doglianza dell’imputato sulla necessità di valutare, non essendo stato un comportamento coatto, “anche alla luce dell’evoluzione dei costumi e della sessualità, se e quando un minore possa liberamente esprimere la sua volontà in materia, proprio, di comportamenti sessuali”. Un’accurata motivazione ha ricostruito l’evoluzione normativa, per concludere che il consenso di una persona infraquattordicenne, pur “alla stregua dell’evoluzione umana e sociale”, rimane assoggettato sul piano normativo da “un giudizio assoluto di immaturità”, con ciò, implicitamente ma inequivocamente, escludendo che la sua presenza possa comunque integrare la carenza del dolo nell’individuo maggiorenne che con tale persona compie l’atto sessuale. E su ciò quale puntualizzazione la corte territoriale aggiunge, correttamente, che il reato in questione non richiede un dolo specifico, ma semplicemente la coscienza e la volontà di porre in essere un comportamento sessuale, “qualunque sia lo scopo che l’agente si prefigga” (consolidata è invero la giurisprudenza di questa Suprema Corte nell’identificare l’elemento psicologico dei reati sessuali nel dolo generico, ovvero nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente – o, come nel caso in esame, incapace di fornire un valido consenso -, qualunque sia l’eventuale ulteriore fine personale dell’agente: Cass. sez. 3^, 22 ottobre 2014-3 febbraio 2015 n. 4913;

Cass. sez. 3^, 17 aprile 2013 n. 20754; Cass. sez. 3^, 17 giugno 2009 n. 39718; Cass. sez. 3^, 9 maggio 2008 n. 28815; Cass. sez. 3^, 10 marzo 2000 n. 4402).

Il motivo, dunque, non risulta accoglibile.

3.2 Il secondo motivo, al contrario, è evidentemente fondato. Adduce il ricorrente che, pur essendo presente tra i motivi d’appello la censura circa il diniego della concessione delle attenuanti generiche, la corte territoriale “ignora completamente la questione nella parte motiva”, riducendo la pena esclusivamente “attraverso un’estensione, prossima al limite massimo, della riconosciuta attenuante” ex art. 609 quater c.p., comma 4.

invero, a proposito del trattamento sanzionatorio, nella motivazione della sentenza impugnata – che pure aveva dato atto, laddove aveva sintetizzato i motivi d’appello, della richiesta anche della concessione delle attenuanti generiche – non vi è alcuna considerazione sull’applicabilità nel caso di specie dell’art. 62 bis c.p., limitandosi la corte territoriale a dilatare l’incidenza dell’attenuante, già riconosciuta dal giudice di prime cure, di cui all’art. 609 quater c.p., comma 4, e neppure menzionando la questione delle attenuanti generiche.

Pertanto, in conclusione, la sentenza deve essere annullata limitatamente a tale aspetto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.

In caso di diffusione della presente sentenza occorre omettere le generalità e gli altri dati identificativi, D.Lgs. n. 196 del 2003, ex art. 52, in quanto disposto dalla legge.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia. Rigetta il ricorso nel resto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2015