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La clausola di rinnovo automatico del contratto è nulla anche se ha i caratteri della reciprocità e della bilateralità.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

La clausola di rinnovo automatico del contratto è nulla anche se ha i caratteri della reciprocità e della bilateralità.

 

La vicenda, sottoposta all’attenzione della Corte di Cassazione, trae origine dal ricorso proposto da un noto cantautore italiano contro una casa discografica, al fine di ottenere un riesame della questione che lo aveva visto soccombente nei precedenti gradi di giudizio: in particolare, il Tribunale di Roma prima e la Corte di Appello di Roma dopo, avevano rigettato la sua domanda di risarcimento dei danni patrimoniali  e da lesione dei diritti della personalità, dovuti alla indebita utilizzazione di diritti di riproduzione a stampa delle sue opere, atteso che la cessione  alla casa discografica era di durata ventennale e che la clausola di tacito rinnovo, contenuta in alcuni di tali contratti, era nulla in quanto contraria a norme imperative, o inefficace perché non approvata espressamente a norma dell’art. 1341 c.c. o, comunque, per avvenuta tempestiva disdetta.

La Corte di Appello, confermando le argomentazioni svolte dal giudice di prime cure, aveva negato che la clausola de qua avesse natura vessatoria, non prevedendo alcuna limitazione o comunque una maggiore onerosità per il cantautore.

L’assunto non è stato, tuttavia, condiviso dai giudici di legittimità che, conformemente ad un orientamento ormai consolidato, hanno sostenuto che “pur se una clausola, predisposta unilateralmente, non è a carico soltanto dell’altro contraente, avendo effetto per entrambe le parti – nella specie tacita proroga o rinnovo del contratto in difetto di tempestiva disdetta – non può perciò solo ritenersi sottratta alla necessità di specifica approvazione per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 cod. civ., perché comunque colui che la propone ha preventivamente valutato i vantaggi derivantigli dalla accettazione di essa, a differenza del contraente per adesione, che perciò è necessario vi ponga particolare attenzione”.

La sentenza rappresenta, infatti, uno dei tanti precedenti in tal senso, un orientamento consolidato nel tempo, in forza del quale le clausole di proroga tacita o di rinnovazione del contratto, se predisposte dal contraente più forte nell’ambito di un contratto per adesione, rientrano tra quelle sancite a carico del contraente aderente e sono, pertanto, prive di efficacia, a norma dell’art. 1341, secondo comma, c.c., qualora non siano specificamente approvate per iscritto dal contraente aderente, anche quando hanno carattere di reciprocità e bilateralità.

Ciò è peraltro confermato dal fatto che, in tema di vessatorietà della clausola di proroga tacita nei contratti per adesione, il legislatore non ha specificato né il requisito della bilateralità né quello della unilateralità degli effetti della proroga, per cui essa si riferisce ad entrambe le ipotesi.

Corte di Cassazione, I Sezione Civile, sentenza n. 4047 del 01/03/2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30186-2010 proposto da:

D.G.F. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso l’avvocato MICCICHE’ ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIVERSAL MUSIC PUBLISHING RICORDI S.R.L. (c.f./p.i. (OMISSIS)), SONY MUSIC ENTERTAINMENT (ITALY)S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA QUATTRO FONTANE 161, presso l’avvocato ATTOLICO LORENZO, che li rappresenta e difende, giusta procure a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

RTI – RETI TELEVISIVE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

Nonchè da:

RTI RETI TELEVISIVE ITALIANE S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), già RTI MUSIC S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 11, presso l’avvocato PACIFICO ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE ROSSI, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.G.F., SONY BMG MUSIC ENERTAINEMENT S.P.A., UNIVERSAL MUSIC PUBLISHING RICORDI S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4393/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato MICCICHE’ ANDREA che si riporta;

udito, per le controricorrenti SONY + 1, l’Avvocato ATTOLICO L. che ha chiesto il rigetto del ricorso principale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale RTI, l’Avvocato PACIFICO A. che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, rigetto o in subordine assorbito il ricorso incidentale.

 

Svolgimento del processo

 

Con la sentenza n. 39131/2000, il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da D.G.F. nei confronti di R.T.I. Music S.r.l. e BMG Ricordi S.p.A. per il risarcimento di danni patrimoniali e da lesione dei diritti della personalità che, a suo dire, erano a lui derivati: dalla indebita utilizzazione dei diritti di riproduzione a stampa delle opere da lui create, posto che la cessione in favore della BMG Ricordi doveva ritenersi limitata a soli venti anni e che la clausola di tacito rinnovo prevista in alcuni di tali contratti era nulla in quanto contraria a norme imperative, o inefficace poichè non approvata espressamente a norma dell’art. 1341 cod. civ. o, comunque, per avvenuta tempestiva disdetta; dalla violazione di precisi accordi in tema di divieto della vendita di supporti a basso prezzo senza il suo preventivo consenso, viceversa effettuata a seguito di pubblicazioni risultate di maggior durata rispetto alla stipulata pattuizione che la prevedeva in circa 60 minuti; dalla violazione del riversaggio, su uno stesso fonogramma, di registrazioni fonografiche originariamente riprodotte su distinti supporti; dalla riduzione dei suoi compensi a seguito di una integrazione dei precedenti accordi resa necessaria dalla esigenza di riversare i precedenti L.P. nel nuovo tipo di supporto costituito dai C.D.; dall’avvenuta pubblicazione di alcuni fonogrammi sulla cui copertina era contenuta la pubblicità di altri supporti musicali.

Il Tribunale rigettava, altresì, l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta R.T.I. per avere quest’ultima acquisito i diritti non direttamente dal D.G. ma dalla BMG Ricordi.

Con atto notificato in data 24 gennaio 2002, D.G.F. proponeva appello avverso la predetta sentenza in riforma della quale chiedeva, sulla base di specifiche argomentazioni, accogliersi le conclusioni tutte formulate in primo grado.

A sostegno del gravame, l’appellante deduceva in particolare l’erronea interpretazione, da parte del giudice di primo grado, sia del testo dei vari contratti di edizione a stampa da lui conclusi con la BMG che delle diffide da lui notificate a quest’ultima;

l’illogicità del capo di pronuncia che escludeva un inadempimento di BMG con riferimento ai contratti discografici da lui sottoscritti nel corso degli anni; l’omessa pronuncia sulla sua richiesta di risarcimento da lesione dei diritti della personalità derivata dalla commercializzazione di alcuni CD di sue opere in cui era stato introdotto materiale promozionale relativo ad altre produzioni.

Instauratosi il contraddittorio, le appellate si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello ed RTI Music spiegando appello incidentale per riproporre l’eccezione di difetto di legittimazione passiva da essa sollevata in primo grado e disattesa dal Tribunale.

A seguito delle dichiarate trasformazioni delle società appellate il processo era reiteratamente dichiarato interrotto.

All’esito di rituale riassunzione a cura dell’appellante D. G., si costituivano RTI Reti Televisive Italiane S.p.A. (nella quale si era fusa per incorporazione RTI Music S.r.l.), nonchè Universal Music Publishing Ricorsi S.r.l. e Sony Music Entertainment Italy S.p.A. (in cui si era scissa BMG Ricordi S.p.A.) ribadendo le già svolte difese, domande ed eccezioni.

Con sentenza 4393/09 La Corte d’appello di Roma rigettava l’appello principale e dichiarava inammissibile quello incidentale.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D. G. sulla base di nove motivi cui resistono con separati controricorsi la Universal Music e la RTI. Quest’ultima ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato la “violazione o falsa applicazione degli artt. 1341, dal 1360 al 1371 cod. civ. nonchè L. n. 633 del 1941, artt. 107 e 122 (LDA). Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”.

In particolare, il ricorrente, premessa la distinzione tra due tipologie di contratti stipulati negli anni settanta con la BMG Ricordi – un primo gruppo composto di contratti (doc. 2 e 3 avversari), all’interno dei quali sarebbe stata negoziata una clausola di cessione-trasferimento dei diritti di edizione a stampa delle opere musicali sine die, in violazione al disposto di cui all’art. 122, L. aut., ed un secondo gruppo (docc. avversari n. da 1, 4 – 8), nei quali era stata inserita una clausola di concessione dei diritti di edizione a stampa delle opere musicali create dall’artista con possibilità di rinnovo automatico ogni venti anni, salvo disdetta, censura la decisione della Corte di merito nel punto in cui ha escluso l’inefficacia ex art. 1341 c.c., comma 2, del secondo ordine di clausole, ossia delle clausole di rinnovo automatico del diritto di edizione a stampa.

Ad avviso del ricorrente, infatti, la Corte avrebbe dovuto far discendere la nullità della clausola dalla sua natura vessatoria, in quanto ricompresa nell’elencazione di cui all’art. 1341 cod. civ., a prescindere da ogni esame circa la sussistenza in concreto di svantaggi per l’aderente.

Con il secondo motivo viene denunciata “la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., artt. 769 e 782 cod. civ., nonchè L. n. 633 del 1941, art. 107 e in subordine dell’art. 1418 cod. civ., nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio in ordine ai contratto di cui ai docc. 4, 5, 7 e 8, sottoscritti, rispettivamente, in data 5 giugno 1973 (doc. 4 e 8), in data 11 febbraio 1975 (doc. 5) e 26 febbraio 1974 (doc. 7)”.

Il ricorrente lamenta che la Corte di merito avrebbe omesso la pronuncia sulla dedotta nullità per mancanza di causa, oppure, nel caso di qualificabilità come donazione, per difetto della forma dell’atto pubblico, di cui all’art. 782 cod. civ., delle pattuizioni contenute nei contratti sub docc. 4, 5, 7 ed 8 circa i diritti di pubblicazione a stampa delle opere, che non prevedevano alcun corrispettivo per la cessione di tale diritto.

Con il terzo motivo, rubricato “violazione o falsa applicazione della L. n. 633 del 1941, artt. 107 e 122 e, in subordine dell’art. 1418 cod. civ.. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 122, L. aut. ai contratti sub docc. 2 e 3 avversari, che prevedevano una cessione sine die, a favore della BMG, del diritto di pubblicazione a stampa delle opere create dal ricorrente medesimo in un contesto contrattuale avente le caratteristiche di un contratto di edizione a stampa.

Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la “violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. nonchè dell’art. 1360 e segg. cod. civ. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”, lamentando che la Corte di merito avrebbe errato nell’escludere che i due atti di significazione e diffida notificati alla BMG dallo stesso ricorrente in data 3 marzo 1993 ed in data 6 luglio 1995 (docc. n. 9 e 10 avversari) potessero integrare una chiara volontà di escludere il rinnovo tacito delle pattuizioni relative al diritto di pubblicazione a stampa.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia “la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. nonchè dell’art. 1362 cod. civ. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”, poichè la Corte avrebbe omesso di tenere conto del contenuto di una lettera, indirizzata al ricorrente dalla BMG, ove questa avrebbe riconosciuto che i diritti di riproduzione a stampa di alcune opere sarebbero tornati nella titolarità dello stesso ricorrente, a causa dell’intervenuto decorso del termine ventennale di cui all’art. 122, L. aut..

Con il sesto motivo di impugnazione viene contestato il fatto che il Giudice di secondo grado abbia dichiarato inammissibile il gravame proposto dallo stesso ricorrente in relazione ai contratti discografici inter partes conclusi.

Con il settimo motivo, si chiede la riforma della sentenza impugnata nel capo in cui, interpretando gli accordi inter partes conclusi con riferimento alle registrazioni delle opere musicali eseguite dal D. G., la Corte d’appello ha considerato legittimo il comportamento tenuto dalle odierne resistenti nel calcolo dei compensi dovuti al ricorrente in conseguenza di determinati sfruttamenti delle medesime registrazioni.

Con l’ottavo motivo di impugnazione, il D.G. deduce che, poichè determinati Compact Disc (CD) (tra cui quello dal titolo “Le Origini”) contenevano un rilevante numero di registrazioni di opere interpretate dal medesimo artista, gli stessi dovevano considerarsi prodotti a “basso prezzo” e che, come tali, necessitavano di un’apposita autorizzazione del ricorrente per essere commercializzati. Con il nono motivo di impugnazione, il ricorrente si duole del fatto che, attraverso l’inserimento, nel CD dal titolo ” F.D.G.”, di pubblicità di altri supporti musicali contenenti opere da lui nè create, nè interpretate, “si è finito per sfruttare il suo nome e la sua immagine per fini pubblicitari”.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la RTI lamenta che la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 100 c.p.c. e l’art. 343, c.p.c., poichè è giunta alla conclusione del difetto di interesse di RTI all’impugnazione in base ad una qualificazione meramente formale del gravame proposto1 senza tenere conto del concreto contenuto delle domande formulate in grado d’appello, nella loro articolazione logica; ciò comporta, altresì, il vizio di difetto di motivazione, per la verifica soltanto formale, e quindi parziale, della natura dell’impugnazione incidentale spiegata da RTI. Appare preliminare sotto il profilo logico l’esame del terzo motivo di ricorso con cui, come rilevato, si lamenta la nullità della cessione ultraventennale del diritto di pubblicazione per le stampe della parte letteraria di alcune canzoni del D.G. contenuta in alcuni contratti che secondo il ricorrente dovrebbero rientrare tra quelli disciplinati dall’art. 122 l.d.a. sostenendo che i contratti di edizione fonomeccanica e quelli di edizione erano in realtà tra loro distinti per cui in questi ultimi, rientrando essi nella disciplina di cui all’art. 122 l.d.a., non poteva introdursi la clausola che prevedeva il rinnovo automatico della cessione dei diritti una volta scaduto il termine ventennale.

La sentenza impugnata ha ritenuto che “pur ricorrendo una serie di distinti contratti di edizione a stampa come pure di cessione dei diritti di riproduzione fotomeccanica, non può non rilevarsi la indubbia prevalenza di questi ultimi rispetto ai primi, nei quali l’attività dell’editore (come si evince proprio dal tenore dei contratti) non si limita alla mera stampa su carta o materiale affine essendo viceversa funzionale all’amministrazione ed alla promozione dell’opera musicale (oggetto dei contratti di incisione) per una sua migliore conoscenza e diffusione della stessa, come è confermato in termini inequivoci dalla facoltà contrattualmente attribuita dal D. G. alla Ricordi di distribuire gratuitamente le riproduzioni in carta con rinuncia dell’Autore a qualsivoglia corrispettivo.

A tali contratti di edizione a stampa, in cui è pertanto prevalente – quale causa contrattuale – la cessione dei diritti di riproduzione fotomeccanica, non si applicano di conseguenza le norme relative al contratto di edizione in senso stretto con durata limitata a soli venti anni, lenza possibilità di proroga, dovendo trovare viceversa applicazione la norma generale di cui all’art. 107 L.A. in coerenza con l’orientamento della S.C. (6239/98) – richiamato nell’impugnata sentenza – in punto di interpretazione dell’effettiva volontà delle parti. Con conseguente legittimità delle clausole relative al rinnovo tacito della durata ventennale dei contratti per uguale periodo di tempo in caso di mancanza di disdetta”.

In altri termini la Corte d’appello ha rilevato l’esistenza di un collegamento tra i contratti di riproduzione fonomeccanica per l’edizione discografica e quelli di edizione ed ha ritenuto che, in virtù di ciò, quest’ultimi fossero meramente ancillari rispetto agli altri avendo gli stessi il mero scopo di consentire di pubblicizzare l’opera musicale di tal che essi non potevano considerarsi dei veri e propri contratti di edizione rientranti tra quelli di cui agli artt. 122 e ss. l.d.a., bensì restassero disciplinati dall’art. 107 l.d.a..

Va a tale proposito ricordato l’orientamento giurisprudenziale costantemente espresso da questa Corte secondo cui le parti, nell’esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto, dar vita a più negozi distinti ed indipendenti, ovvero a più negozi tra loro collegati. Le varie fattispecie in cui può configurarsi un negozio giuridico composto possono così distinguersi in contratti collegati, contratti misti (quando la fusione delle cause fa sì che gli elementi distintivi di ciascun negozio vengono assunti quali elementi di un negozio unico, soggetto alla regola della causa prevalente) e contratti complessi (contrassegnati dall’esistenza di una causa unica, che si riflette sul nesso intercorrente tra le varie prestazioni con un’intensità tale da precludere che ciascuna delle predette prestazioni possa essere rapportata ad una distinta causa tipica e faccia sì che le predette prestazioni si presentino tra loro organicamente interdipendenti e tendenti al raggiungimento di un intento negoziale oggettivamente unico).

Il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi.

Pertanto, in ipotesi siffatte, il collegamento, pur potendo determinare un vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e conservi una distinta individualità giuridica.

Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici…(Cass. 14611/05; Cass. 20726/14; Cass. 18884/08; Cass. 1216407).

Alla luce di siffatta giurisprudenza per censurare la decisione della Corte d’appello il ricorrente avrebbe dovuto, in primo luogo, contestare l’erronea interpretazione dei contratti in questione in relazione ai canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. per negare l’esistenza di un collegamento tra gli stessi ovvero per escludere l’esistenza di un rapporto di subordinazione e di ancillarietà dei contratti di edizione rispetto a quelli di riproduzione fonomeccanica, ma nulla di tutto ciò si rinviene nel motivo in esame onde lo stesso presenta sotto tale profilo un evidente profilo di inammissibilità.

Tale profilo sussiste anche sotto un ulteriore aspetto.

Il ricorrente infatti avrebbe comunque dovuto riprodurre nel motivo, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, le parti rilevanti dei contratti in questione per consentire a questa Corte di poter rilevare da ricorso stesso la fondatezza o meno delle argomentazioni del ricorrente; ma tale riproduzione non è stata effettuata.

In relazione a tale aspetto, il ricorrente chiede in sostanza, in particolare laddove deduce un vizio di motivazione della sentenza, a questa Corte un riesame dei contratti in questione (ripetesi non riprodotti nel ricorso) al fine di effettuare una nuova valutazione non consentita in questa sede delle valutazioni di merito effettuate dalla Corte d’appello.

Fermo quanto sopra, riguardo poi alla questione astratta sollevata dal ricorrente e, cioè, se, in presenza di un opera musicale composta di musica e parole, sia possibile anche un separato sfruttamento delle due componenti e, cioè, la musica da un lato e il brano letterario dall’altro, non può ovviamente che darsi risposta positiva.

La questione però nella fattispecie in esame è se, in ogni caso, la cessione dei diritti sull’opera letteraria rientri necessariamente nello schema contrattuale di cui al contratto di edizione di cui agli artt. 118 e ss. della legge sul diritto d’autore.

Va, in primo luogo, chiarito che l’art. 118 l.d.a. si riferisce in genere a tutti i contratti con i quali l’autore cede ad un editore il diritto di pubblicare per le stampe una sua opera precisando che a detti contratti si applicano in primo luogo le norme generali del codice civile, in secondo luogo le disposizioni generali del medesimo capo della legge sul diritto d’autore (artt. 107-114) ed in terzo luogo dalla disposizioni degli articoli successivi (artt. 118-135).

Come evidenziato dalla miglior dottrina, il complesso di queste norme consente di delineare il contratto di edizione come il contratto per effetto del quale l’autore concede all’editore salvo patto contrario, l’esclusività dell’esercizio del diritto di pubblicare l’opera, che comprende il diritto di riproduzione per le stampe e di distribuzione commerciale degli esemplari riprodotti per proprio conto e a proprie spese. Ciò si evince con tutta chiarezza dall’art. 126 l.f. che stabilisce che l’editore è obbligato a riprodurre e porre in vendita l’opera con il nome dell’autore. Altro elemento del contratto di edizione è il pagamento del compenso all’autore stabilito anch’esso dall’art. 126 l.d.a. nonchè indicato anche nell’art. 122 l.d.a..

In tale contesto, al di là degli aspetti già esaminati relativi alla connessione con i contratti di riproduzione fonografica, risulta che i contratti “di edizione” in esame, non possono essere considerati come dei contratti ai sensi dell’art. 122 l.d.a. sulla base proprio di quanto accertato dalla sentenza impugnata.

Questa infatti ha rilevato che i contratti in questione prevedevano “la facoltà contrattualmente attribuita dal D.G. alla Ricordi di distribuire gratuitamente le riproduzioni in carta con rinuncia dell’Autore a qualsivoglia corrispettivo”.

Da tale accertamento risulta che i contratti di cui si parla non prevedevano che i testi musicali stampati venissero posti in vendita e che al D.G. non dovesse essere attribuito alcun compenso.

In particolare, si osserva che, ai sensi dell’art. 17, u.c., l.d.a., non costituisce esercizio del diritto esclusivo di distribuzione (ovvero di vendita al pubblico) la consegna gratuita di esemplari delle opere a fini promozionali, come risulta essere stato previsto nei contratti in esame.

Non sussistevano dunque due dei requisiti essenziali per la sussistenza di un contratto di edizione ai sensi dell’art. 122 l.d.a..

Del tutto correttamente dunque la Corte d’appello ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame esclusivamente l’art. 107 della legge sul diritto d’autore.

Resta da dire riguardo alla sentenza di questa Corte n. 6239/98 citata dal ricorrente la quale ha ritenuto che l’espressione “per la stampa” relativa al contratto di edizione, riguardasse solo la stampa su carta, capace di dar luogo ad un prodotto di tipo librario (in tal senso vedi anche Cass. n. 1 del 1972, e 1362 del 1969).

Va a tale proposito osservato che la sentenza in questione atteneva alla fattispecie in cui un autore aveva ceduto in un unico contratto i diritti sulle proprie opere musicali già create o da creare per dei film, unitamente anche a tutti gli altri diritti d’autore, ivi compreso il diritto alla stampa dell’opera musicale ed il problema che si poneva era se a quest’ultimo diritto ceduto, relativo ai brani musicali e non al testo letterario, fosse applicabile o meno la normativa in tema di contratti di edizione ex art. 118 l.d.a. incluso il termine ventennale di durata.

A tale proposito questa Corte ha osservato che il giudice di merito aveva rilevato, “nell’esame della intera ottica negoziale, la prevalenza della pubblicazione della musica, mediante la sua adozione nei film e, dunque, mediante la inclusione in sistemi di riproduzione fonografica, rispetto alla clausola che prevedeva anche una diffusione su carta”. Da ciò questa Corte ha ritenuto che del tutto corretta doveva ritenersi la conclusione della sentenza impugnata che aveva concluso “che tale stampa, attesa la sua secondarietà nella economia del contratto, non è in grado di attrarre la natura giuridica dello stesso dentro lo schema dell’art. 118 L.a.”.

Sia pure in una fattispecie in parte diversa si tratta dunque del medesimo principio ritenuto dalla Corte d’appello nella odierna controversia.

Tornando ora all’esame del primo motivo di ricorso, con cui si lamenta per i contratti appartenenti al secondo gruppo (nn. 1 e numeri da 4 ad 8) la mancata ritenuta natura vessatoria della clausola che prevedeva il rinnovo dei contratti in assenza di disdetta se ne rileva la fondatezza.. La Corte d’appello ha ritenuto che la clausola in questione non rivestiva il carattere della vessatorietà non prevedendo essa alcuna limitazione o comunque una maggiore onerosità per il D.G..

Tale assunto si rivela erroneo alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente affermato che pur se una clausola, predisposta unilateralmente, non è a carico soltanto dell’altro contraente, avendo effetto per entrambe le parti – nella specie tacita proroga o rinnovo del contratto in difetto di tempestiva disdetta – non perciò è sottratta alla necessità di specifica approvazione per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 cod. civ., perchè comunque colui che la propone ha preventivamente valutato i vantaggi derivantegli dalla accettazione di essa, a differenza del contraente per adesione, che perciò è necessario vi ponga particolare attenzione (Cass. 2152/98 – Cass. 5137/01 Cass. 11734/04).

Il motivo è fondato e va accolto.

Resta assorbita l’ulteriore doglianza, contenuta nel motivo secondo cui le clausole vessatorie non sarebbero state nel contratto correttamente riportate.

Il secondo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

Appare inammissibile in ordine alla mancata rilevazione del fatto che la cessione dei diritti di riproduzione e distribuzione a mezzo stampa sarebbe stata una donazione poichè tale questione risulta nuova non rinvenendosene cenno nella sentenza impugnata nè la stessa è indicata tra i motivi di appello riportati nella parte narrativa del ricorso.

La doglianza è altresì infondata sotto il profilo della nullità ex art. 1418 c.c. per mancanza di corrispettivo perchè come enunciato dalla sentenza nel caso di specie il corrispettivo risulta dalla vendita dei dischi in relazione alla quale a pubblicazione del testo scritto aveva delle finalità di carattere promozionale.

Il quarto ed il quinto motivo che possono esaminarsi congiuntamente sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

Il sesto motivo è inammissibile.

Lo stesso contesta che la Corte d’appello laddove ha preso in esame i contratti discografici intercorsi tra il ricorrente e la BMG li avrebbe ritenuti inammissibili poichè le censure non riguardavano le argomentazioni della sentenza di primo grado, ma quelle svolte dalla BMG nei suoi scritti difensivi.

Il motivo è del tutto generico laddove lo stesso avrebbe dovuto riportare quali erano le motivazioni della sentenza di primo grado e riportare in relazione ad esse quali erano stati i motivi di appello.

In assenza di ciò il motivo si limita a una mere affermazioni puramente assertive e prive di ogni tipo di possibile riscontro da parte di questa Corte.

Il settimo motivo è anch’esso inammissibile.

La Corte di appello, oltre a ritenere inammissibile il motivo di appello per le ragioni già esplicate in occasione dell’esame del sesto motivo (e ciò sarebbe di per sè sufficiente per dichiarare inammissibile il motivo in esame) ha ulteriormente argomentato come segue:

“occorre notare come il D.G. con la doglianza in discorso in fin dei conti si chieda perchè mai la BMG Ricordi, che pure a suo dire era in diritto (in base ai precedenti accordi contrattuali) di procedere alla realizzazione dei CD contenenti i brani da lui interpretati, abbia ritenuto necessario fargli sottoscrivere l’apposito contratto per il riversaggio delle interpretazioni musicali.

La risposta, fornita dallo stesso D.G. sulle ragioni di una siffatta proposta, che tuttavia ha trovato puntuale adesione da parte dello stesso interessato, non scalfisce in alcun modo l’impugnata pronuncia fondandosi su argomentazioni metagiuridiche de tutto estranee al dato normativo contrattuale, che è costituito dal nuovo e diverso assetto che le parti hanno inteso dare, di comune accordo, all’ulteriore corso del rapporto a seguito dell’avvento dei CD. Stando così le cose non risulta, pertanto, in alcun modo delineata il contenuto del vizio di illogicità nel quale sarebbe asseritamente incorso il primo giudice. La cui pronuncia, viceversa, si appalesa saldamente ancorata alle risultanze documentali accuratamente esaminate dalle quali emerge, in termini inequivoci, l’insussistenza di qualsivoglia violazione di obblighi contrattuali nell’operato della convenuta che si assume consistita nel non aver riversato nei nuovi CD i LP secondo la loro originaria composizione ed impostazione, come pure nel non avere sempre contenuto la durata dei CD nei circa sessanta minuti di cui alle pregresse pattuizioni, non risultando in relazione ad entrambi i casi alcuna espressa previsione negli accordi degli anni ottanta nel senso voluto dall’Autore, quali che siano state le particolari ragioni per i quali le parti ritennero utile addivenire ai nuovi accordi”.

In altri termini la Corte d’appello ha ritenuto che le clausole contrattuali richiamate dal ricorrente non corrispondessero in alcun modo alla tesi da questi sostenuta e nel far ciò si è implicitamente richiamata, facendola propria, alla motivazione fornita dal giudice di primo grado. (sull’ammissibilità di siffatta motivazione v. Cass. 23231/10; Cass. 8053/12; Cass. 3340/13; Cass. 107/15).

Per censurare siffatta motivazione dunque il ricorrente avrebbe dovuto in primo luogo riferire la motivazione del tribunale fatta propria della Corte d’appello ed argomentare anche in relazione ad essa.

In secondo luogo, la censura, incentrata sulla violazione dei canoni di interpretazione di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., appare priva di autosufficienza secondo i criteri elaborati da questa Corte in quanto la stessa si è limitata a riportate il contenuto dell’art. 1 e dell’art. 2 dell’accordo del 4.11.85 senza riportare le altre ulteriori clausole e senza dare quindi a questa Corte la possibilità di verificare la correttezza della interpretazione della Corte d’appello alla luce dell’intero contenuto del negozio intercorso tra le parti. Quanto all’accordo poi del 18.11.88 nessun articolo dello stesso risulta riportato nel ricorso.

Da ultimo si osserva che in realtà quello che propone il ricorrente è una diversa interpretazione delle clausole contrattuali non proponibile in questa sede di legittimità.

L’ottavo motivo, con cui si contesta che in violazione del contratto del 2.1.78 la BMG ha proceduto senza previa intesa alla vendita a basso costo di alcuni dischi del ricorrente, e che la motivazione della Corte d’appello sia stata espressa in violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., è inammissibile.

Invero il ricorrente avrebbe dovuto riportare in modo adeguato e diffuso le clausole del contratto in questione per consentire a questa Corte di poter valutare una loro erronea interpretazione.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha in svariate occasioni chiarito che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonchè, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorchè la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire. La denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra. (Cass. 4178/07; Cass. 19044/10).

Con il nono motivo di ricorso il ricorrente contesta la violazione del proprio diritto all’immagine per avere la BMG inserito sui supporti contenenti le proprie opere immagini pubblicitarie di altri prodotti discografici.

Il motivo appare fondato.

Invero la motivazione della Corte appare carente sotto il profilo della specifica individuazione se l’autorizzazione da parte del D. G. ad utilizzare la propria immagine fosse riferita esclusivamente alle proprie opere musicali ovvero anche ad opere di altri autori ed interpreti.

Qualora infatti così fosse stato, la Corte di merito avrebbe dovuto valutare se l’utilizzazione dell’immagine del ricorrente per pubblicizzare altri autori avrebbe potuto creare pregiudizio al D. G. non essendo a ciò sufficiente la mera asserzione che comunque il ricorrente avrebbe a sua volta potuto trovare vantaggio dall’accostamento della sua immagine a quella di altri artisti.

Il motivo va quindi accolto.

Con decimo motivo il ricorrente lamenta la mancata ammissione delle proprie istanze istruttorie.

Tali istanze concernevano l’ordine di esibizione di documenti alla BMG ai fini della determinazione del risarcimento del danno e della determinazione dell’ammontare di una somma contrattualmente dovuta.

Il motivo risulta assorbito dall’accoglimento del primo e del nono motivo.

Il motivo incidentale appare fondato.

Questa Corte, sia pure con riferimento ai ricorsi incidentali proposti innanzi ad essa, ma il principio è applicabile anche all’appello, ha affermato che il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicchè, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale.

(Cass. 7381/13 s.u.; Cass. 5456/09 sez. un.).

L’applicazione di tale principio al caso di specie, comporta che la Corte d’appello, essendo stata proposta con l’appello incidentale una questione preliminare di merito consistente nella mancanza di legittimazione passiva, avrebbe in ogni caso dovuto ritenere l’appello come condizionato ancorchè non vi fosse in via espressa siffatta indicazione nell’appello e conseguentemente non avrebbe potuto rigettarlo bensì ritenerlo assorbito per effetto del rigetto dell’appello.

Il motivo va quindi accolto dovendo la Corte d’appello riesaminare lo stesso in sede di rinvio.

In conclusione, vanno accolti il primo ed il nono motivo del ricorso principale, assorbito il decimo e rigettati gli altri. Va accolto altresì il ricorso incidentale. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che provvederà anche alle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo ed il nono motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il decimo e rigetta gli altri; accoglie il ricorso incidentale di RTI; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2016