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Una interessante pronuncia in tema di accertamento della violazione dei dover coniugali con conseguente addebito della separazione.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Una interessante pronuncia in tema di accertamento della violazione dei dover coniugali con conseguente addebito della separazione.

Con recentissima ordinanza depositata 8 giugno 2016 n. 11785/2016 la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sull’addebito della separazione nel caso di abbandono da parte di un coniuge (nella specie moglie) del tetto coniugale poco prima della rottura del rapporto e la proposizione della domanda di separazione, confermando le statuizioni del Giudice di Appello.

In particolare, il marito adiva la Corte di Cassazione per violazione degli artt. 115 comma 2 cpc sulla domanda di addebito e 156 comma 3 cpc relativamente alla determinazione dell’ammontare di assegno di mantenimento avverso la sentenza numero 5823 del 2013 della Corte d’Appello di Roma, la quale aveva revocato la dichiarazione di addebito della separazione alla moglie disposta dal giudice delle prime cure (sentenza n. 18114/2011) e posto a carico dell’ex coniuge un assegno di mantenimento di Euro 800,00 mensili, ritenendo non provata una presunta relazione extraconiugale della donna.

La Corte ha confermato quanto stabilito del Giudice d’Appello, ritenendo sufficientemente motivate le sue argomentazioni in ordine alla mancata prova dei comportamento che violano i doveri coniugali di fedeltà ed assistenza da parte dell’ex coniuge che ha deciso di allontanarsi spontaneamente dalla residenza coniugale in prossimità del giudizio di separazione, quando la rottura del rapporto era irreversibile, tanto che è stata rilevata “l’assenza di un nesso causale tra tale atto e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza”.

La decisione, sottoposto al vaglio sella Suprema Corte, è in linea con i criteri legislativi e giurisprudenziali sull’assegno di mantenimento in modo da dare la possibilità al “coniuge più debole economicamente di conservare con i propri mezzi un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio”.

Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 08-06-2016, n. 11785

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Ricciotti 11, presso lo studio dell’avv. Carlo Fusco, che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso e dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo alla p.e.c. carlofusco.ordineavvocatiroma.org e al fax n. 06/3233619;

– ricorrente –

nei confronti di:

E.S., elettivamente domiciliata in Roma, viale Giulio Cesare 71, presso lo studio dell’avv. Antonella Fiorita, rappresentata e difesa, per delega a margine del controricorso, dall’avv. Mauro Gigli che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative alla p.e.c. maurogigli.ordineavvocatiroma.org e al fax n. 0774/376500;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5823/13 della Corte di appello di Roma, emessa il 16 ottobre 2013 e depositata il 30 ottobre 2013, n. R.G. 2328/2012.

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

Rilevato che in data 15 dicembre 2015 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta.

Rilevato che:

  1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 18114/11, ha dichiarato la separazione dei coniugi V.A. e E.S., con addebito della responsabilità della separazione alla E..
  2. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 5823/13, ha revocato la dichiarazione di addebito e posto a carico del V. un assegno mensile di mantenimento di 800 Euro.
  3. Ricorre per cassazione V.A. affidandosi a sei motivi di impugnazione: a) omessa pronuncia della Corte distrettuale sulla eccezione di tardività dell’appello; b) insufficiente motivazione sulla revoca dell’addebito pronunciato dal giudice di primo grado per violazione del dovere di coabitazione; c) insufficiente e contraddittoria motivazione sulla revoca dell’addebito pronunciata dal giudice di primo grado per violazione del dovere di fedeltà; d) insufficiente motivazione sulla revoca dell’addebito pronunciata dal primo giudice per violazione del dovere di assistenza morale e materiale; e) errata applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2 sulla domanda di addebito della separazione; f) violazione dell’art. 115 c.p.c., e art. 156 c.p.c., comma 2 quanto alla determinazione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento.
  4. Si difende con controricorso E.S..

Ritenuto che:

  1. Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto “in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio” (Cass. civ. sezione 6-3 ord. n. 19969 del 6 ottobre 2015, sezione 6-5 ord. n. 15741 del 21 giugno 2013 e sezione 1, n. 17060 del 5 ottobre 2012).
  2. Gli altri motivi sono inammissibili perchè consistenti in una prospettazione antagonista alla valutazione delle prove compiuta con motivazione esaustiva dalla Corte di appello e senza che sia stato rispettato il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Va rilevato che la Corte di appello ha ritenuto non provati i comportamenti violativi di doveri coniugali di fedeltà e di assistenza asseriti dall’odierno ricorrente a carico della moglie E.S. mentre ha ritenuto che l’allontanamento dal domicilio coniugale da parte della E. è avvenuto, il 12 settembre 2008, in prossimità del giudizio di separazione (iniziato con ricorso del 10 novembre 2008), quando la frattura tra i due coniugi era già apparsa irreversibile.

In considerazione di ciò la Corte distrettuale ha riscontrato l’assenza di un nesso causale tra tale atto compiuto dalla E. e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza (cfr. Cass. civ. sez. 6-1 ord. n. 16959 del 14 agosto 2015, sez. 1 n. 13983 del 19 giugno 2014). La decisione della Corte di appello ha accertato pertanto l’insussistenza di quel requisiti che lo stesso ricorrente ha indicato nel quinto motivo come presupposti per la dichiarazione di addebito della separazione.

  1. Analogamente, per ciò che concerne il diritto e l’ammontare dell’assegno di mantenimento, la decisione impugnata appare conforme ai criteri legislativi e giurisprudenziali in materia mentre il sesto motivo di ricorso si rivela sostanzialmente una richiesta di riedizione del giudizio di merito sulla comparazione dei redditi delle parti e sulla possibilità per il coniuge più debole economicamente di conservare con i propri mezzi un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
  2. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso.

La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 2.200, di cui 200 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2016