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Le Sezioni Unite fanno il punto sull’istituto della compensazione.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Le Sezioni Unite fanno il punto sull’istituto della compensazione.

La Terza Sez. Civ. della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18001 del 2015, rilevava un contrasto tra il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui se il credito opposto in compensazione non è certo, e cioè se il titolo giudiziale non è definitivo, essa non può operare, e la sentenza 23573/2013, emanata dalla suddetta sezione, secondo cui tale circostanza non è di ostacolo alla possibilità di opporre il controcredito in compensazione, e pertanto rimetteva la relativa questione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

La Suprema Corte, nel suo massimo Consesso, nel vagliare la questione, ha previamente esposto la disciplina codicistica della compensazione ed enucleato i principi formatisi in ambito giurisprudenziale in ordine a tale istituto: la compensazione è uno dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, che opera dal giorno della loro coesistenza, sempre che le stesse abbiano ad oggetto somme di denaro o quantità di cose fungibili dello stesso genere, ugualmente liquidi ed esigibili. Un credito può definirsi liquido allorquando sia determinato nel suo ammontare in base al titolo, tuttavia, ove il debito opposto in compensazione non fosse liquido, ma di facile e pronta liquidazione, in quanto l’accertamento dello stesso può avvenire in modo semplice e in tempi processuali brevi, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte di debito che riconosce esistente, e quindi dichiarare estinto il credito principale fino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, oppure può sospendere cautelativamente la condanna per il debito principale fino all’accertamento del credito opposto in compensazione, senza che ciò comporti di rimandare la decisione sul credito principale al momento dell’accertamento della esistenza di quello opposto in compensazione. D’altro canto il requisito della liquidità attiene all’oggetto della prestazione, mentre la certezza attiene alla esistenza stessa della obbligazione, e quindi al titolo costitutivo del credito. La contestazione del titolo non è in sé contestazione sull’ammontare del credito, come determinato in base al titolo, ma se questo è controverso la liquidità e la esigibilità sono temporanee e a rischio per il creditore. Da qui deriva che non ricorre il requisito della liquidità del credito, non solo quando esso non sia certo nel ammontare, ma anche quando ne sia contestata l’esistenza. In altri termini per l’operatività della compensazione il titolo deve essere incontrovertibile, ossia non essere più soggetto a modificazioni a seguito di impugnazioni, non solo nella sua esattezza, ma anche nella sua esistenza.

Ebbene, la sentenza 23573/2013, a parere della Suprema Corte, si è discostata dai suddetti principi, collegando la disciplina sostanziale della eccezione di compensazione a quella processuale: in tale pronuncia, infatti, si ritiene che se l’art. 35 c.p.c. disciplina la competenza a decidere in ordine al controcredito eccepito nel giudizio sul credito principale, la stessa norma debba applicarsi allorchè il controcredito sia sub iudice. Tale norma afferma, infatti, che quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito dalle parti, questi, se la domanda è fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa alla eccezione di compensazione. In tale sentenza si legge altresì che anche le norme in materia di connessione contenute nel codice di rito sarebbero applicabili al fine di consentire di opporre davanti al giudice del credito principale la compensazione con un credito la cui esistenza sia in corso di accertamento in separato giudizio, così da impedire che il passaggio in giudicato della sentenza avvenga in un momento in cui non sia più possibile farlo valere.

Le Sezioni Unite ritengono ormai pacifico che i requisiti per la compensazione legale, e cioè l’omogeneità, la liquidità, la esigibilità e la certezza, devono sussistere necessariamente anche per la compensazione giudiziale, in quanto il comma 2 dell’art. 1243 si limita a consentire al giudice del credito principale di liquidare il controcredito opposto in compensazione solo se il suo ammontare è facilmente o prontamente liquidabile in base al titolo. Per fare ciò il controcredito deve essere certo nella sua esistenza e cioè non controverso. Peraltro, a parere delle S.U., sia l’art. 1243 c.2. c.c. sia l’art. 35 c.p.c. prevedono che a decidere i contrapposti crediti sia il giudice dinanzi al quale essi sono contemporaneamente dedotti, mentre il meccanismo di cui all’art. 35 c.p.c. è attivabile solo allorché il giudice del credito principale non possa conoscere di quello opposto in compensazione, in quanto esso ecceda la competenza per valore del giudice adito.

Ciò posto, può concludersi affermando che se l’esistenza del credito opposto in compensazione è controversa nel medesimo giudizio sul credito principale, ovvero in altro pendente, il giudice non può pronunciare la compensazione né legale, né giudiziale. La compensazione giudiziale di cui all’art. 1243 c.2 c.c. presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE – SENTENZA 15 novembre 2016, n.23225 – Pres. Canzio – est. Chiarini

Motivi della decisione

1.- Va pregiudizialmente disatteso il rilievo della società GEFIM RE s.r.l. di inammissibilità del ricorso della società Ai Mori s.n.c. in quanto proposto nei confronti della società GE.FIM. s.a.s. anziché della GEFIM RE s.r.l., nuovo soggetto risultante dalla scissione del 2 maggio 2011 della società GEFIM Immobiliare s.a.s., già GE.F.IM. s.a.s. per scissione dell’11 marzo 2010.

Ed invero, la scissione, disciplinata dagli artt. 2506 e segg. a decorrere dal 1 gennaio 2004 per effetto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, consistente nel trasferimento del patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l’assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie traslativa, che, sul piano processuale, non determina l’estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima, ma si configura come una successione a titolo particolare nel diritto controverso, che, ove intervenga nel corso del giudizio, comporta l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 111 cod. proc. civ.(Cass. 30246 del 2011); con la conseguenza che il processo prosegue fra le parti originarie (Cass. 6471 del 2012), con facoltà per il successore di resistere con controricorso all’impugnazione ‘ex adverso’ proposta davanti alla Corte di Cassazione nei confronti del suo dante causa, pur non avendo partecipato al processo nei precedenti gradi di giudizio (tra le altre, Cass. 11757 del 2006, 10902 del 2004, 2889 del 2002, 5822 del 1999, 4742 del 1998).

2.- Con il primo motivo di ricorso la società Ai Mori lamenta: ‘Art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione dell’art. 1243 c.c. per difetto di presupposto della compensazione legale’.

3.- Con il secondo motivo lamenta: ‘Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione dell’art. 2697 c.c. per errata attribuzione di un onere probatorio inesistente’.

4.- Con il terzo motivo la medesima deduce: ‘Art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c.’ per avere il Giudice di Pace non soltanto pronunciato la compensazione legale tra contrapposti crediti non ancora certi, ma altresì accertato il residuo credito della società Ai Mori di Euro 1.140, così incidendo sui titoli costitutivi giudiziali e modificandone il decisum.

5.- Con il quarto motivo censura: ‘Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione della norma di diritto di cui all’art. 112 c.p.c.’ per avere il giudice dell’opposizione illegittimamente rilevato eccezioni di ufficio.

6.- Con il quinto motivo si duole: ‘Art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 494 c.p.c. Motivazione insufficiente sulla mancata declaratoria di cessazione della materia del contendere conseguente all’avvenuto pagamento del debito della società GE.F.IM. eseguito a mani dell’ufficiale giudiziario senza riserva di ripetizione’.

7.- I motivi, congiunti, sono inammissibili per carenza di interesse non essendovi più controversia tra le parti sulla certezza dei reciproci crediti.

Ed infatti la controricorrente rileva che la sentenza n. 16 del 2010 – titolo costitutivo del suo credito opposto in compensazione – era passata in giudicato il 21 giugno 2010 in quanto notificata ai sensi degli artt. 170 e 285 c.p.c. il 21 maggio 2010 e quindi prima della notifica del 26 ottobre 2010 dell’appello della società Ai Mori, così come era divenuto incontrovertibile il credito di quest’ultima società, fondato sulla sentenza n. 1160 del 2009, notificata il 19 novembre 2009 e non impugnata dalla GE.F.IM.. E la ricorrente – in specie nella memoria del 27 gennaio 2015 – è d’accordo sulla circostanza che i rispettivi titoli costitutivi – sentenze di condanna al rimborso delle spese giudiziali – sono divenuti incontrovertibili prima della sentenza di primo grado del 16 luglio 2010 che ha definito il giudizio di opposizione all’esecuzione, dichiarando l’avvenuta estinzione per compensazione del credito della società Ai Mori dalla coesistenza, e fino alla concorrenza, del controcredito della GE.F.IM. Perciò è ormai venuto meno l’interesse della ricorrente alla decisione delle censure proposte.

8.- Tuttavia le Sezioni Unite ritengono di comporre il contrasto originato dalla sentenza 23573/2013 della Terza Sezione Civile ai sensi dell’art. 363, terzo comma, cod. proc. civ. ribadendo i consolidati principi di diritto.

8.1 – La compensazione è disciplinata dal libro quarto, capo IV – Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dalli adempimento – Sezione III del codice civile (dopo la novazione e la remissione).

L’art. 1241 – Estinzione per compensazione – dispone: ‘Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono.’. L’art. 1242, primo comma, prosegue: ‘La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ ufficio.’ L’art. 1243 – Compensazione legale e giudiziale – continua: ‘La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili’. Il secondo comma stabilisce: ‘Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito fino all’accertamento del credito opposto in compensazione’.

Per credito liquido – espressione letterale del primo comma dell’art. 1243 cod. civ., che si attaglia alle obbligazioni pecuniarie o omogenee e fungibili deve intendersi il credito determinato nell’ammontare in base al titolo, come si desume anche dall’identica espressione contenuta in altre norme: l’art. 1208 n. 3 cod. civ. sui requisiti di validità dell’offerta reale dell’obbligazione prevede una somma per le spese ‘liquide’ e un’altra somma per quelle ‘non liquide’; l’art. 1282 cod. civ. stabilisce che i crediti liquidi (ed esigibili) producono interessi; l’art. 633 cod.proc.civ. stabilisce come condizione di ammissibilità del provvedimento monitorio un credito di una somma liquida di danaro.

L’ulteriore requisito della certezza sull’esistenza del credito non si desume dalla formulazione dell’art. 1243 cod. civ., primo comma, perché la liquidità attiene all’oggetto della prestazione, mentre la certezza attiene all’esistenza dell’obbligazione, e quindi al titolo costitutivo del credito. Perciò la contestazione del titolo non è in sé contestazione sull’ammontare del credito, come determinato in base al titolo, ma se questo è controverso la liquidità e l’esigibilità sono temporanee e a rischio del creditore. E allora, attesa la finalità dell’istituto della compensazione – estinzione satisfattoria reciproca (il che peraltro postula che anche il credito principale sia certo, liquido ed esigibile), che non può verificarsi se la coesistenza del controcredito è provvisoria, la giurisprudenza, da tempo risalente (Cass. n. 620 del 1970) ha affermato che non ricorre il requisito della liquidità del credito non solo quando esso non sia certo nel suo ammontare, ma anche quando ne sia contestata l’esistenza. Da qui l’ormai consolidato principio che per l’operatività della compensazione legale il titolo del credito deve essere incontrovertibile, ossia non essere più soggetto a modificazioni a seguito di impugnazione (Cass. 6820 del 2002, 8338 del 2011) non solo nella sua esattezza, ma anche nella sua esistenza (credito certus nell’an, quid, quale, quantum debeatur).

Perciò accanto ad una nozione di liquidità sostanziale del credito in base al titolo, si è aggiunta una nozione di ‘liquidità’ processuale stabilizzata che non sussiste se il creditore principale contesta, non pretestuosamente, nell’an e/o nel quantum, il titolo che accerta il controcredito o potrebbe contestarlo (credito litigioso).

La locuzione contenuta nel secondo comma dell’art. 1243 cod. civ. – ‘Se il debito opposto in compensazione è di facile e pronta liquidazione..’ – è stata interpretata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità nel senso che soltanto l’’accertamento’ – nel senso di determinabilità – pronto, ossia in tempo processuale breve, e facile, ossia metodicamente semplice (es. mediante calcolo degli interessi), del controcredito – e per questo riservato dalla norma al giudice dinanzi al quale il processo deve proseguire – può giustificare il ritardo della decisione sul credito principale – certo, liquido ed esigibile – onde dichiarare estinti entrambi i rispettivi crediti per compensazione, secondo la ratio dell’istituto: il vantaggio delle parti di risolvere celermente in unica soluzione le reciproche pretese salvaguardando una ragione di equità, perché non è giusto che sia condannato all’adempimento chi a sua volta ha un concorrente credito.

Questa Corte, con orientamento pressoché unanime, ha enunciato i seguenti principi:

1) la compensazione legale opera di diritto, su eccezione di parte, e per avere efficacia estintiva ‘satisfattoria’ deve avere ad oggetto due contrapposti crediti certi, liquidi, ossia determinati nella consistenza ed ammontare, omogenei ed esigibili (requisiti desumibili dai rispettivi titoli costitutivi: Cass. 22 ottobre 2014, n. 22324; Cass. 11 gennaio 2006, n. 260);

2) se il requisito della liquidità del controcredito opposto in compensazione manca, ma il giudice dinanzi al quale è formulata l’eccezione ne ritiene la facile e pronta liquidabilità – giudizio di fatto, insindacabile in cassazione può dichiarare la compensazione fino alla concorrenza per la parte del controcredito che riconosce esistente, e può anche sospendere cautelativamente la condanna per il credito principale fino all’accertamento – id est liquidazione – del controcredito;

3) la provvisorietà dell’accertamento del controcredito in separato giudizio non può provocare l’effetto dell’estinzione del credito principale, la quale investe – elidendola irrimediabilmente – la stessa sussistenza, ontologicamente considerata, della ragione di credito e non soltanto la sua tutela esecutiva;

4) l’eseguibilità del titolo giudiziale che accerta il credito non attiene alla certezza, ma solo alla tutela anticipata del medesimo, mediante la sua immediata azionabilità (Cass. 8338 del 2011);

5) la compensazione legale si distingue da quella giudiziale perché per la ricorrenza della prima i due crediti contrapposti devono essere certi, liquidi ed esigibili anteriormente al giudizio, mentre per la seconda il credito opposto in compensazione non è liquido, ma viene liquidato dal giudice nel processo, purché reputato di ‘pronta e facile liquidazione’;

6) se l’accertamento del credito opposto in compensazione pende dinanzi ad altro giudice, è questi che deve liquidarlo (Cass. 1695 del 2015, 9608 del 19 aprile 2013);

7) in quest’ultimo caso il giudice dell’eccezione di compensazione non può sospendere il giudizio sul credito principale ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. o 337, secondo comma cod. proc. civ., qualora nel giudizio avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione sia stata emessa sentenza non passata in giudicato (Cass. n. 325 del 1992), ma, non potendo realizzarsi la condizione prevista dal secondo comma dell’art. 1243 cod. civ. – che costituisce disciplina processuale speciale ai fini della reciproca elisione dei crediti nel processo instaurato dal creditore principale – (il giudice) deve dichiarare l’insussistenza dei presupposti per elidere il credito agito e rigettare l’eccezione di compensazione;

8) se la certezza del controcredito – il cui onere della prova spetta all’eccipiente (Cass. 5444/2001) – si matura nel corso del giudizio sul credito principale, anche in appello, gli effetti estintivi della compensazione legale decorrono dalla coesistenza dei crediti;

9) l’eccezione di compensazione non configura un presupposto di natura logico-giuridica sui requisiti del credito principale il cui accertamento giustifichi il sacrificio delle ragioni di tutela di questo oltre i limiti previsti dalla stessa norma – ossia la possibilità di procrastinare, cautelativamente (Cass. 5319 del 09/08/1983), la condanna ad adempiere del debitore fino alla pronta e facile liquidazione, nel medesimo processo, del credito opposto in compensazione – consentendo di sospendere la decisione sulla causa principale fino al passaggio in giudicato del giudizio sul controcredito come se questo pregiudicasse, in tutto o in parte, l’esito della causa sul credito principale (Cass., 3 ottobre 2012, n. 16844, Cass., 4 dicembre 2010, n. 25272).

9.- La Terza Sezione civile, con sentenza n. 23573 del 2013, si è consapevolmente discostata da questi principi collegando la disciplina sostanziale dell’eccezione di compensazione con quella processuale ed in particolare:

art. 35 – ‘Eccezione di compensazione’ -: ‘Quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma dell’articolo precedente’;

art. 34 – Accertamenti incidentali -: ‘Il giudice se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o per valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa dinanzi a lui’;

art. 40 cod. proc. civ. – Connessione -: ‘Se sono proposte dinanzi a giudici diversi più cause le quali, per ragioni di connessione, possono essere decise in un solo processo..; Nei casi previsti dagli artt. 34, 35 e 36 le cause cumulativamente proposte o successivamente riunite debbono essere trattate con il rito ordinario..’.

art. 295 cod. proc. civ. – sospensione necessaria -: ‘Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa’;

art. 337 secondo comma cod. proc. civ. – Sospensione dell’esecuzione e dei processi -: ‘Quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo questo può esser sospeso se tale sentenza è impugnata’.

9.1 – L’applicabilità delle suddette norme processuali alle innanzi richiamate norme sostanziali non è condivisibile.

Muovendo dalla considerazione contenuta nella sentenza n. 23573 del 2013, secondo cui, se l’art. 35 cod. proc. civ. disciplina la competenza a decidere il controcredito eccepito nel giudizio sul credito principale, la stessa norma deve applicarsi allorché il controcredito è già sub judice poiché eccepito ai sensi dell’art. 1243 secondo comma cod. civ., emerge che i piani tra le norme sulla competenza, a cui appartiene il sucitato art. 35, e la disciplina sostanziale sulla compensazione – art. 1241 e segg. cod. civ. – non si intersecano.

Ed invero, pacifico per giurisprudenza e dottrina che i requisiti prescritti dall’art. 1243, primo comma, cod. civ., per la compensazione legale, e cioè l’omogeneità dei debiti, la liquidità, l’esigibilità e la certezza, devono sussistere necessariamente anche per la compensazione giudiziale, il secondo comma di detta norma si limita a consentire al giudice del credito principale di liquidare il controcredito opposto in compensazione soltanto se il suo ammontare è facilmente e prontamente liquidabile in base al titolo. Ma per esercitare questo potere discrezionale – esclusivo e specifico (Cass., 3 ottobre 2012, n. 16844, Cass., 4 dicembre 2010, n. 25272) – al fine di dichiarare la compensazione giudiziale, il controcredito deve essere certo nella sua esistenza e cioè non controverso.

Se il controcredito è contestato, come prevede l’art. 35 cod. proc. civ., allora non è certo, e quindi non è idoneo ad operare come compensativo sul piano sostanziale, e l’eccezione di compensazione va respinta.

L’ambito di contestazione del controcredito opposto in compensazione secondo l’art. 1243 cod. civ., secondo comma, è infatti limitato alla liquidità del credito, mentre la contestazione sulla sua esistenza – a meno che essa sia prima facie pretestuosa e infondata (Cass. 6237 del 1991) – lo espunge dalla compensazione giudiziale (Cass. 10352 del 1993). Soltanto la contestazione sulla liquidità del credito opposto in compensazione consente al giudice del credito principale – con accertamento discrezionale di merito, che presuppone la sua competenza, ed incensurabile in Cassazione – di determinarne l’ammontare se è facile e pronto, sopperendo alla mancanza di questo requisito mediante un’attività ricognitiva – attuativa del titolo, funzionale all’eccezione di compensazione.

La disciplina contenuta nell’art. 1243 secondo comma cod. civ. consiste nell’inoperatività dell’eccezione di compensazione, sia legale che giudiziale, se è controverso l’an del controcredito, analogamente al caso in cui il credito opposto in compensazione non è di pronta e facile liquidazione (Cass. 10352/1993, cit.). Il giudice del credito principale ha o la possibilità di dichiarare la compensazione per la parte di controcredito già liquida, o di sospendere, eccezionalmente, la condanna del credito principale fino alla liquidazione di tutto il credito opposto in compensazione, ma non di ritardare la decisione sul credito principale fino all’accertamento, da parte di egli stesso o di altro giudice, dell’esistenza certa di quello opposto in compensazione; altrimenti sarebbe pleonastico il sintagma ‘di pronta e facile liquidazione’ richiesto dalla norma. Né d’ altro canto a tal fine può applicarsi analogicamente la disciplina dell’art. 35 cod. proc. civ. non potendosi ravvisare il canone interpretativo dell’eadem ratio.

9.2- Peraltro, neanche le norme sulla modificazione della competenza per ragioni di connessione, contenute nel libro Primo, Sezione IV, del codice di rito legittimano il meccanismo processuale della condanna con riserva e della sospensione del giudizio sulla compensazione che la sentenza n. 23573/2013 ritiene applicabile onde consentire di poter sempre opporre, davanti al giudice investito del credito principale, la compensazione con un credito la cui esistenza sia in corso di accertamento in separato giudizio, in modo da garantire comunque l’operatività della compensazione pur se al momento della relativa eccezione il credito opposto non era ancora accertato con provvedimento giudiziale definitivo, e così impedire che il passaggio in cosa giudicata del titolo giudiziale definitivo sull’esistenza del credito opposto in compensazione intervenga in un momento in cui non sia più possibile farlo valere, a quel titolo e a quei fini, per essere stato definitivamente esitato il giudizio promosso dal creditore-debitore contrapposto.

9.2.1 Da un lato, è principio immanente, innucleato nell’art. 1243 secondo comma cod. civ., che la compensazione giudiziale è processualmente rilevante soltanto quando il giudice del credito principale sia competente anche per il credito opposto in compensazione, con conseguente esclusione dell’eccezione di compensazione fondata su un credito la cui certezza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso. Non solo la disciplina speciale contenuta nell’art. 1243 cod. civ. consente la sospensione cautelativa della decisione sul credito principale soltanto se il credito opposto in compensazione è di facile e pronta liquidazione, ma sia il conferimento di questo potere al giudice del credito principale, sia la finalità con esso perseguita, postulano che il giudizio prosegua dinanzi al giudice del credito principale per consentirgli di effettuare la valutazione e la liquidazione del controcredito prevista dalla norma. E quindi, come nel caso in cui l’accertamento del credito opposto in compensazione non sia facile e pronto il giudice del credito principale, per espressa previsione normativa, non ha il potere di sospendere la decisione su quest’ultimo, ma deve immediatamente decidere su di esso, così a maggior ragione non può sospenderne la decisione a norma degli artt. 295 o 337 secondo comma cod. proc. civ. che certamente gli precludono qualsiasi valutazione di pronta o facile liquidazione del controcredito in quanto spettante al giudice competente.

9.2.2- Dall’altro, l’interpretazione del secondo comma dell’art. 1243 cod. civ. non solo non collide con la disposizione contenuta nell’art. 35 cod. proc. civ., ma ne costituisce conferma. Detta norma processuale prevede che se il giudice non è competente sull’eccepito controcredito contestato ed il credito principale è fondato su titolo non controverso o facilmente accertabile, decide prontamente su di esso – (conformemente all’esigenza desumibile anche dall’art. 1243 secondo comma cod. civ. di decidere il più rapidamente possibile sul credito, se del caso subordinando la condanna ad una cauzione, analogamente alla sospensione cautelativa dell’art. 1243 secondo comma cod. civ.) – e quindi non ne sospende la decisione, né ai sensi dell’art. 295, né ai sensi dell’art. 337 secondo comma cod. proc. civ. e rimette la decisione sull’eccezione al giudice competente. Se invece il credito principale non è fondato su titolo non controverso o facilmente accertabile, rimette la decisione su entrambi i crediti al giudice competente sul credito opposto in compensazione, a norma dell’art. 34 cod. proc. civ. a cui rinvia l’ultimo comma dell’art. 35 cod. proc. civ. – che così assume la configurazione di eccezione riconvenzionale di compensazione.

Riassumendo, sia l’art. 1243 secondo comma cod. civ., sia l’art. 35 cod. proc. civ., prevedono che a decidere i contrapposti crediti sia il giudice dinanzi al quale essi sono contemporaneamente dedotti, mentre il meccanismo previsto dall’art. 35 cod. proc. civ. è attivabile nel solo caso in cui il giudice del credito principale non possa conoscere di quello opposto in compensazione.

Pertanto, alla luce dell’esaminata disciplina, cade anche l’argomento contenuto nella sentenza n. 23573 del 2013 della disparità di trattamento tra credito opposto contestato nel giudizio sul credito principale e credito opposto già contestato in giudizio pendente davanti ad altro giudice. La disparità di trattamento non attiene a fattispecie identiche sul piano processuale; sussisterebbe laddove vi fossero norme che, contraddittoriamente, prevedessero la possibilità di dedurre un credito in compensazione non contestato e altre norme che escludessero tale possibilità per un credito contestato giudizialmente davanti ad un giudice competente per vagliare entrambe le posizioni.

Né infine alcuna norma di quelle scrutinate dalla sentenza n. 23573/2013 prevede, in via analogica, che la causa in cui sia pronunciata condanna con riserva venga rimessa sul ruolo – il che presuppone sempre la competenza del giudice che ha deciso con riserva – per verificare l’esistenza delle condizioni della compensazione e poi sospendere la decisione ai sensi degli artt. 295 o 377 secondo comma cod. proc. civ. in attesa della decisione incontrovertibile di altro giudice sul controcredito. Senza sottacere che, poiché anche il credito accertato definitivamente potrebbe essere contestato dal creditore principale per fatti sopravvenuti, l’attività del giudice potrebbe nuovamente paralizzarsi se non competente a verificare la fondatezza del fatto sopravvenuto ed egli dovrebbe nuovamente sospendere il processo in attesa della decisione definitiva sul controcredito. E poiché nell’attuale regime processuale – art. 42 cod. proc. civ. – non vi è più spazio per una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale, che, ove ammessa, si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza e della tutela giurisdizionale sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo (S.U. 14670 del 2003, 23906/2010 22324/2014), deve ritenersi preclusa la configurazione di una nuova ipotesi di sospensione del processo non prevista espressamente da una norma del rito civile, nemmeno in via di analogia, come invece ritiene la decisione n. 23573/2013.

10.- Si deve quindi concludere che le norme di cui agli artt. 34, 35, 36, 40, 295 e 337 cod. proc. civ., sia che la controversia sull’esistenza del controcredito sorga nel giudizio sul credito principale, sia che già penda dinanzi ad un giudice di pari grado o superiore, non rilevano sulla speciale disciplina delineata dall’art. 1243 secondo comma cod. civ. perché le norme sulla competenza per accertare l’esistenza del controcredito sono estranee alla compensazione giudiziale, come da tempo risalente avvertito da questa Corte.

Con la decisione n. 4129 del 1956 si rilevò infatti che: ‘Se il convenuto chiede non soltanto il rigetto della domanda dell’attore per compensazione con un suo credito di ammontare superiore, ma anche la condanna dell’attore a pagargli la differenza, ricorre l’ipotesi dell’art. 36 cod. proc. civ. di domanda riconvenzionale che dipende dal titolo che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. In tal caso, poiché la compensazione giudiziale prevista dal secondo comma dell’art. 1243 cod. civ. è ammessa solo se sussiste la facile e pronta liquidazione del credito opposto, egli, coordinando gli artt. 35, 36, 112 cod. proc. civ. deve emettere condanna per il credito principale certo e liquido, rigettare l’eccezione di compensazione giudiziale, ed iniziare l’istruttoria per il controcredito, ove competente, ovvero rimettere la causa su di esso al giudice competente non potendo allo stato il controcredito operare come compensativo, avendo il convenuto chiesto per esso la condanna dell’attore. Quindi il giudice, operata la valutazione insindacabile e discrezionale di non liquidabilità facile e pronta del controcredito, e per tale ragione respinta l’eccezione di compensazione, deve provvedere sulla domanda riconvenzionale di condanna per il controcredito’.

11.- Queste Sezioni Unite, confermano, in conformità alle conclusioni del P.M., il consolidato orientamento di legittimità e ai sensi dell’art. 363 terzo comma cod. proc. civ. affermano i seguenti principi di diritto:

  1. A) ‘Le norme del codice civile sulla compensazione stabiliscono i presupposti sostanziali, oggettivi, del credito opposto in compensazione: liquidità – che include il requisito della certezza – ed esigibilità. Verificata la ricorrenza dei predetti requisiti, il giudice dichiara l’estinzione del credito principale per compensazione – legale – a decorrere dalla coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda.
  2. B) Se il credito opposto in compensazione è certo, ma non liquido, nel senso di non determinato, in tutto o in parte, nel suo ammontare, il giudice può provvedere alla relativa liquidazione se è facile e pronta; quindi, o può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale fino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, o può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.
  3. C) Se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 cod. proc. civ.) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale.
  4. D) La compensazione giudiziale, di cui all’art. 1243 secondo comma cod. civ., presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la medesima compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e va parimenti esclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 cod. proc. civ. o dall’art. 337 secondo comma cod. proc. civ. in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 cod. civ.’.

12.- Sussistono ragioni per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Le Sezioni Unite dichiarano inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 363 terzo comma cod. proc. civ. affermano i seguenti principi di diritto:

  1. A) ‘Le norme del codice civile sulla compensazione stabiliscono i presupposti sostanziali, oggettivi, del credito opposto in compensazione: liquidità – che include il requisito della certezza – ed esigibilità. Verificata la ricorrenza dei predetti requisiti, il giudice dichiara l’estinzione del credito principale per compensazione – legale – a decorrere dalla coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda.
  2. B) Se il credito opposto in compensazione è certo, ma non liquido, nel senso di non determinato, in tutto o in parte, nel suo ammontare, il giudice può provvedere alla relativa liquidazione se è facile e pronta; quindi, o può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale fino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, o può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.
  3. C) Se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 cod. proc. civ.) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale.
  4. D) La compensazione giudiziale, di cui all’art. 1243 secondo comma cod. civ., presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la medesima compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e va parimenti esclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 cod. proc. civ. o dall’art. 337 secondo comma cod. proc. civ. in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 cod. civ.’.