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Le SS.UU sul parto anonimo e il diritto del figlio di conoscere le sue origini.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Le SS.UU sul parto anonimo e il diritto del figlio di conoscere le sue origini.

La scorsa settimana le Sezioni Unite della Cassazione sono state investite della questione inerente la materia del parto anonimo e del diritto del figlio non riconosciuto alla nascita e, adottato da terzi, di accedere alle informazioni che riguardano la sua origine naturale.

La rimessione alle SS.UU. del Procuratore Generale nasceva dal fatto che la Corte d’Appello incaricata del caso, si rifiutava di interpellare la madre biologica, a fronte della richiesta del figlio di conoscere le sue origini. Per tale ragione, si richiedeva un intervento della Suprema Corte sulla legittimità del comportamento della Corte d’Appello.

L’interessante motivazione del Supremo Collegio parte dal quadro normativo di riferimento.

La disciplina è dettata dall’art. 28 commi 5, 6 e 8 della L. 184 del 1983, il quale prevede che il figlio adottivo con il raggiungimento del venticinquesimo anno d’età, possa accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei suoi genitori biologici. L’esercizio di questo diritto è concesso, altresì, al raggiungimento della maggiore età, laddove sia funzionale alla costruzione dell’identità del soggetto, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica.

Il comma 7 dello stesso articolo stabiliva poi una regola invalicabile per il figlio nato da parto anonimo secondo cui: “l’accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata al momento della nascita, se non trascorsi cento anni dalla formazione di quei documenti”. In tal senso, la scelta della madre si connotava per assolutezza e irreversibilità, ponendo il giudice nell’impossibilità di fornire alcuna informazione al figlio. Per tale ragione, veniva sollevata questione di legittimità costituzionale, prima nel 2005 e poi nel 2013. Solo in quest’ultimo intervento, la Corte Costituzionale dichiarava incostituzionale il suddetto articolo. La pronuncia, pur riaffermando la fondamentale esigenza di salvaguardare la vita e la salute della madre e del neonato da qualsiasi turbamento, riconosceva parimenti il diritto del figlio a ricostruire le proprie origini. Questo bisogno di conoscenza, sottolineava la Corte, rappresenta uno di quegli aspetti della personalità che possono condizionare l’intimo atteggiamento e la stessa vita di relazione di una persona in quanto tale.

Per effetto della dichiarazione di incostituzionalità, la disposizione dell’art. 28 comma 7, vive nell’ordinamento con questo principio capace di fissare un punto di equilibrio tra la posizione del figlio adottato e i diritti della madre. Tale punto di equilibrio si compendia con la possibilità del giudice di interpellare, in via riservata, la madre biologica per raccogliere la sua volontà attuale quando c’è un figlio interessato alla sua origine.

Il figlio non ha tuttavia un diritto incondizionato a conoscere la sua origine per cui, laddove persista il diniego della madre, è ad esso che dovrà darsi prevalenza.

Sulla scorta di tali risultanze, le SS.UU. enunciano il seguente principio di diritto: “in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in séguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità”.