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La Cassazione sulla fallibilità dell’in house providing.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

La Cassazione sulla fallibilità dell’in house providing.  

È di qualche settimana fa un nuovo intervento della Suprema Corte sulla questione della fallibilità delle società in house (Cass. Civ., 7 febbraio 2017, n. 3196).

Secondo l’impostazione ormai prevalente, accolta anche dal novo codice degli appalti (50/2016), l’affidamento diretto deve presentare specifici requisiti.

In primo luogo, un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi, ovvero esercita un’influenza determinante, sia sugli obiettivi strategici, che sulle decisioni significative.

In secondo luogo, oltre l’80% dell’attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da un ente aggiudicatore, nonché da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice. In ultima analisi, nella persona giuridica controllata non vi deve essere alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

La presenza di queste specifiche caratteristiche che classificherebbero l’in house nell’ambito dei soggetti pubblici e viceversa la circostanza di individuarlo come “società”, hanno da sempre rivelato la sua natura ibrida. Tuttavia riconoscendo la preponderanza della componente pubblica su quella privata, si è in principio negata la possibilità di una fallibilità di tale soggetto giuridico.

È solo negli ultimi anni, e la pronuncia in commento ne è un’ulteriore riprova, che si è chiarita la non indifferenza del fenomeno in questione, al fallimento.

Invero, il Supremo Collegio, in conformità ad un recentissimo intervento del 2013 ribadisce in primo luogo un importante principio in tema di società partecipate dagli enti locali.

La scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto; e attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità.

Questo comporta che anche le società in house sono soggette ad alcune regole privatistiche in tema di società, tra cui il fallimento; come espressamente previsto dall’art.14 del d.lgs n. 175/2016.

Inoltre, con particolare riguardo al profilo pubblicistico della società in house, in cui l’ente pubblico esercita sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ed uffici, tale requisito appare ispirato dall’obiettivo di escludere l’affidamento diretto alle citate norme concorrenziali, ma non giunge a considerarlo un soggetto sovraqualificato rispetto al tipo societario eventualmente assunto.

In tal senso, solo quando ricorra un’espressa disposizione legislativa, con specifiche deroghe alle norme del codice civile, potrebbe affermarsi la realizzazione di una struttura organizzata per attuare un fine pubblico, incompatibile con la causa lucrativa prevista dall’art.2247 c.c.. In difetto di tale intervento esplicito, il fenomeno resta quello di una società comune dove la disciplina pubblicistica che regola il contegno del socio pubblico e quella privatistica che attiene al funzionamento della società, convivono.

La disciplina di convivenza, conclude la Suprema Corte, consente che le società a partecipazione pubblica siano assoggettate a regole analoghe a quelle applicabili ai soggetti pubblici nei settori di attività; tali enti saranno invece assoggettati alle normali regole privatistiche, ai fini dell’organizzazione e del finanziamento.