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Diritto Amministrativo. L’ordine di demolizione emesso a seguito dell’annullamento in autotutela del titolo edilizio

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L’ordine di demolizione emesso a seguito dell’annullamento in autotutela del titolo edilizio

Il T.A.R. Campania si pronuncia sulla legittimità di un ordine di demolizione di opere abusive adottato all’esito dell’annullamento di una D.I.A. presentata per la modifica delle tompagnature dell’immobile e di una D.I.A. in sanatoria per il cambio di destinazione d’uso di un locale sottotetto in due unità abitative.

In particolare, in uno dei motivi di ricorso parte ricorrente aveva lamentato la mancata applicazione dell’art. dall’art. 38, D.P.R. n. 380 del 2001, ai sensi del quale: “in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite…”.

La sentenza in esame rigetta il motivo di ricorso precisando che l’irrogazione della sanzione pecuniaria alternativa all’ordinanza di demolizione, consentita in caso di annullamento del titolo edilizio dall’indicato art. 38, D.P.R. n. 380 del 2001, può riguardare solo vizi formali e procedurali e le ipotesi in cui soltanto una parte del fabbricato risulti abusiva e, nel contempo, risulti obiettivamente verificato che la demolizione di tale parte esporrebbe a serio rischio la residua parte legittimamente assentita.

Nel sistema previsto della norma è la possibilità di ingiungere il pagamento di una sanzione pecuniaria in luogo dell’ordinaria misura della rimessione in pristino (che anche per l’art. 38 costituisce pur sempre la regola: T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 19 aprile 2012, n. 738) a essere subordinata a una motivata valutazione del dirigente del competente ufficio comunale, e non viceversa.

L’obbligo di un’espressa motivazione risulta circoscritto all’ipotesi in cui occorre giustificare il ricorso all’opzione residuale dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie e, comunque, deve ritenersi configurabile a carico dell’interessato, sia in sede procedimentale che in giudizio, l’onere di allegare elementi idonei ad accreditare come verosimile la dedotta situazione di oggettiva impossibilità di una riduzione in pristino (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 21 marzo 2006, n. 3124).

T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 06-11-2014, n. 5716

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 4844 del 2014, proposto da:

D.R.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Capasso e Michele Massimiliano Capasso, con i quali elettivamente domicilia in Napoli. Piazza S. Pasquale a Chiaia n.10;

contro

Comune di Arzano, in persona del Commissario prefettizio, dott.ssa Maria Santorufo, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Messina e con lo stesso elettivamente domiciliato in Napoli, viale A. Gramsci n. 19;

per l’annullamento

previa sospensione cautelare

a) della ordinanza di demolizione n.7 del 17.07.2014, a firma del Responsabile Settore Urbanistica del Comune di Arzano e del Dirigente Area Pianificazione e Gestione territoriale, con la quale si ingiunge al ricorrente di provvedere a proprie cure e spese alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi conformemente ai titoli abitativi entro il termine di giorni 90 dalla notifica del provvedimento;

b) del provvedimento protocollo n. 12599/14 del 15.7.2014 di chiusura del procedimento per l’annullamento della D.I_A. prot. n. 13246 del 13.05.2004, della D.M. prot. n. 21357 dell’11.12.2013 e della Autorizzazione di Agibilità n. 64/2014 a firma del Dirigente Pianificazione e Gestione Territoriale del Comune di Arzano (Na), con il quale si diffida il ricorrente a realizzare qualsiasi opera edilizia sugli immobili in oggetto ed a trasferirne la proprietà, a qualsiasi titolo, essendo in bene in questione oggetto di sentenza di demolizione e ripristino oltre che realizzato in difformità alle leggi e norme urbanistiche vigenti;

c) una agli atti richiamati preordinati, connessi e consequenziali, comunque lesivo degli interessi della ricorrente e dunque anche del provvedimento prot. 12168/14 dell’8.7.2014 a firma del Responsabile del Procedimento, Area Pianificazione e Gestione Territoriale – Settore Urbanistica- del Comune di Arzano (Na) non indirizzato al ricorrente e l’avvio (nota prot. 3419 del 21.2.2014) del procedimento per l’annullamento della DIA 13246 del 13.5.2014 e del certificato di agibilità n. 6/2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 il dott. Francesco Guarracino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale di udienza;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

Rilevato che col ricorso in esame il sig. A.D.R. impugna l’ordinanza di demolizione n. 7 del 17 luglio 2014, con cui gli è stato ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi (conformemente ai permessi di costruire n. 69/2003 e n. 6/2004) dell’immobile di sua proprietà sito in Arzano (NA), via A. Frank n. 7, censito in catasto al foglio 4, p.lla 1292, nonché il presupposto provvedimento (prot. n. 12599 del 15 luglio 2014) con cui il Comune di Arzano ha annullato:

– la D.I.A. prot. n. 13246 del 13 maggio 2004, presentata per la modifica delle tompagnature dell’immobile, perché in contrasto con l’art. 22 del D.P.R. n. 380 del 2001 “in quanto, contrariamente a quanto dichiarato dal tecnico, comporta una modifica della sagoma, dei prospetti, delle volumetrie e delle superfici”, oltre che per incompletezza della relativa documentazione;

– la D.I.A. in sanatoria prot. n. 21357 dell’11 dicembre 2013, presentata per il cambio di destinazione d’uso del locale sottotetto (assentito col p.d.c. n. 69/2003 e il p.d.c. in sanatoria n. 6/2004) in due unità abitative, tra l’altro perché in contrasto con l’art. 3, comma 1, lett. b), della L.R. Campania n. 15 del 28 novembre 2000 sul recupero abitativo dei sottotetti esistenti, la quale richiede che l’edificio su cui è ubicato il sottotetto da recuperare sia stato realizzato legittimamente o, comunque, preventivamente sanato in base alla legislazione del 1985 e del 1994 sul condono edilizio; ciò in quanto, dai grafici allegati alla D.I.A., il sottotetto risulta avere un’altezza maggiore di quella assentita con il p.d.c. n. 6/2004 e, nella relazione tecnica allegata alla medesima, è stato omesso di rappresentare che il manufatto, già oggetto di sequestro in relazione ad opere di trasformazione, era stato dissequestrato con sentenza del 23 febbraio 2006 del G.I.P. del Tribunale di Napoli, ai fini della demolizione delle opere abusive e del ripristino dello statua quo ante;

– il certificato di agibilità n. 6/2014, espressamente condizionato anche alla legittimità edilizia dell’opera;

Ritenuto che le suddette ragioni, di per sé sufficienti a reggere i provvedimenti impugnati, resistano alle censure proposte, sul piano sostanziale, dal ricorrente per carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e violazione dell’affidamento ingenerato dall’amministrazione, poiché:

– quanto all’annullamento della D.I.A. prot. n. 13246 del 13 maggio 2004, non è contestato in giudizio che le opere edilizie che ne formano oggetto abbiano determinato la modifica della sagoma e dei prospetti ed un incremento di superfici e volume del manufatto, né che delle stesse sia stata già ordinata la demolizione per il ripristino dello status quo ante con sentenza del GIP del Tribunale di Napoli del 23 febbraio 2006;

– quanto all’annullamento della D.I.A. in sanatoria prot. n. 21357 dell’11 dicembre 2013, il recupero abitativo dei sottotetti, ai sensi della L.R. Campania n. 15 del 28 novembre 2000, effettivamente presuppone che l’edificio in cui è ubicato il sottotetto sia stato realizzato legittimamente ovvero che, qualora realizzato abusivamente (come nell’ipotesi in esame, per quanto si è appena detto), sia stato preventivamente sanato sulla base della legislazione sul condono edilizio, condizione che nel caso di specie non risulta soddisfatta;

– le vicende giudiziarie che nel biennio seguente alla D.I.A. del 2004 già avrebbero interessato la legittimità del manufatto, sia pure in sede penale, escludono qualsiasi consolidamento di aspettative legittimamente tutelabili, in disparte il fatto che l’avvio del procedimento di autotutela ha seguito la seconda D.I.A. di soli tre mesi (e di ancor meno l’autorizzazione di agibilità del 30 gennaio 2014);

– l’irrogazione della sanzione pecuniaria alternativa all’ordinanza di demolizione, consentita in caso di annullamento del titolo edilizio dall’art. 38 del D.P.R. n. 380 del 2001, può riguardare solo vizi formali e procedurali e le ipotesi in cui soltanto una parte del fabbricato risulti abusiva e, nel contempo, risulti obiettivamente verificato che la demolizione di tale parte esporrebbe a serio rischio la residua parte legittimamente assentita; nel sistema della norma, è la possibilità di ingiungere il pagamento di una sanzione pecuniaria in luogo dell’ordinaria misura della rimessione in pristino (che anche per l’art. 38 costituisce pur sempre la regola: cfr. TAR Campania, Salerno, sez. I, 19 aprile 2012, n. 738) ad essere subordinata a una motivata valutazione del dirigente del competente ufficio comunale, e non viceversa: l’obbligo di un’espressa motivazione risulta circoscritto all’ipotesi in cui occorre giustificare il ricorso all’opzione residuale dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie e, comunque, deve ritenersi configurabile a carico dell’interessato, sia in sede procedimentale che in giudizio, l’onere di allegare elementi idonei ad accreditare come verosimile la dedotta situazione di oggettiva impossibilità di una riduzione in pristino (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, 21 marzo 2006, n. 3124);

– con riferimento alla norma, parimenti richiamata, dell’art. 34 D.P.R. n. 380 del 2001, il ricorrente non ha provato l’allegazione (basata su una relazione tecnica non asseverata e priva di calcoli strutturali o altri riferimenti tecnico-fattuali) dell’impossibilità del ripristino dello status quo ante, laddove, per condivisibile orientamento giurisprudenziale, il privato sanzionato con l’ordine di demolizione per la costruzione di un’opera edilizia abusiva non può invocare l’applicazione a suo favore della disposizione contenuta nell’art. 34, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 se non fornisce seria ed idonea dimostrazione del pregiudizio che ne deriverebbe per la struttura e l’utilizzazione del bene residuo (cfr. C.d.S., sez. V, 5 settembre 2011, n. 4982); inoltre, l’applicazione della sanzione pecuniaria è innescata da un’istanza presentata a tal fine dall’interessato e non da una verifica tecnica di cui la parte pubblica, tenuta solo ad accertare l’abusività dell’opera, non può venire ragionevolmente gravata (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. IV, 5 agosto 2013, n. 4056) ;

Considerato che, poiché le ragioni dell’intervento dell’amministrazione hanno trovato compiuta esposizione nei provvedimenti impugnati, non sussiste il denunciato vizio di motivazione, che non ricorre neppure con riferimento al rigetto delle deduzioni in sede endoprocedimentale, per il consolidato principio secondo cui l’art. 10 bis della L. 7 agosto 1990, n 241, non impone la puntuale e analitica confutazione nel provvedimento finale delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente, ai fini della sua giustificazione, una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso;

Ritenute meritevoli di essere disattese anche le restanti censure, perché:

– quanto alla doglianza relativa al fatto che i provvedimenti impugnati non sono stati notificati anche alla moglie del ricorrente nonostante, in tesi, dovesse esserne destinataria in qualità di comproprietaria dell’immobile, va osservato in senso contrario che tale qualità non è provata agli atti del giudizio e che, in ogni caso, per un verso il provvedimento in autotutela (prot. n. 12599 del 15 luglio 2014) è stato notificato correttamente al solo ricorrente, poiché egli solo aveva presentato le denunce d’inizio attività e a lui solo era stato rilasciato il certificato di agibilità, e, per altro verso, che, giacché la notifica dell’ordinanza di demolizione (in quanto atto recettizio impositivo di obblighi) ne condiziona l’efficacia nei confronti dei suoi diretti destinatari, la relativa omissione è censurabile esclusivamente dal soggetto nel cui interesse la comunicazione stessa è posta, dato che alcun pregiudizio può discendere in capo a chi ha ricevuto ritualmente la notificazione dell’atto per effetto della mancata notifica del provvedimento agli altri comproprietari del bene (ex ceteris, cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 7 novembre 2013, n. 4960);

– quanto alla dedotta violazione dell’art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990, il ricorrente omette di considerare che, nonostante il richiamo anche a questa disposizione, con l’atto in questa sede impugnato il Comune è evidentemente intervenuto in autotutela per ragioni di legittimità e non già per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero in relazione ad un mutamento della situazione di fatto o a nuova valutazione dell’interesse pubblico originario;

Ritenuto, in conclusione, che il ricorso debba essere respinto e che le spese di lite vadano interamente compensate tra le parti in considerazione della peculiarità della vicenda;

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 4844/14), lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Rovis, Presidente

Gabriele Nunziata, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore