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Ultimissime dalle SS.UU. sulle conseguenze del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato da parte della P.A.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Ultimissime dalle SS.UU. sulle conseguenze del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato da parte della P.A.

 

È di pochi giorni fa l’intervento delle SS.UU. Civili su una questione di grande attualità e di grande diffusione nella prassi dei rapporti di lavoro subordinato con la P.A., colpevole di illegittima apposizione del termine ai contratti di lavoro conclusi con i suoi dipendenti. Si tratta della problematica involgente l’abusiva conversione dei contratti a tempo indeterminato in contratti a tempo determinato, in violazione del fondamentale principio in materia di contratti pubblici che prevede, come requisito fondamentale per il mutamento del rapporto di lavoro, l’esperimento di regolare concorso pubblico(art. 97 Cost.).

La vicenda oggetto di analisi prende le mosse dai ricorsi proposti da due dipendenti dell’Azienda Ospedaliera di Genova, entrambi impiegati nella qualifica di operatore tecnico cuoco, i quali, a seguito della repentina interruzione del rapporto di lavoro, in principio a tempo indeterminato, chiedevano il risarcimento dei danni subiti. Sia in primo grado, che in Appello, i giudici competenti, accertando l’illegittimità del trattamento cui erano stati sottoposti i due ricorrenti, condannavano l’Azienda Ospedaliera all’opportuna riparazione dei danni. Tuttavia, avverso la sentenza di appello, la P.A. coinvolta proponeva ricorso per Cassazione alla competente Sezione Lavoro la quale, verificata l’importanza della questione, mediante ordinanza di rimessione alle SS.UU., richiedeva un intervento immediato sulla definizione, portata applicativa e parametrazione del danno risarcibile ai sensi dell’art. 36 Dlgs. 165/2001.

La Suprema Corte nella sentenza odierna, esamina attentamente la vicenda attraverso l’inquadramento normativo e la giurisprudenza prevalente sul punto.

Posto il generale principio previsto dall’art. 97 Cost. ultimo comma della Cost, il quale prescrive l’accesso ai pubblici impieghi delle amministrazioni, mediante pubblico concorso; i Supremi Giudici si soffermano sull’analisi dettagliata dell’art. 36 del Dlgs. 165/2001. Si tratta di una disposizione, oggetto di diverse formulazioni ma che è rimasta pressoché invariata per due aspetti fondamentali inerenti al caso in questione: da un lato la violazione di norme imperative sull’assunzione e l’impiego di lavoratori ad opera delle P.A., non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato con le medesime; d’altra parte il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno, derivante dalla prestazione di lavoro in violazione delle disposizioni imperative. Tuttavia, con la modifica del 2006 al secondo comma del suddetto articolo è stata introdotta una deroga per cui: solo per esigenze temporanee ed eccezionali le P.A. possono avvalersi delle formule contrattuali flessibili di assunzione e di impiego; evitando tuttavia, di ricorrere all’utilizzo del lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio. Tra le esigenze eccezionali, in attuazione di una direttiva comunitaria, il decreto 368/2001 precisa che: può trattarsi solo di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.

Inoltre, con l’introduzione di due nuovi commi (5ter e 5quater) all’art. 36 citato, si è chiarito che la violazione delle disposizioni normative sul lavoro flessibile, oltre al risarcimento del danno per il lavoratore, dà concretamente luogo ad una responsabilità erariale dei dirigenti coinvolti.

Alla luce del quadro normativo delineato, i Supremi Giudici si pongono l’ulteriore questione di delimitare in modo preciso ed adeguato il quantum del risarcimento spettante in tali casi al lavoratore. Secondo gli Ermellini il dipendente pubblico che subisce la precarizzazione del rapporto di lavoro, per effetto di una successione di contratti a termine connotata da abusività, non perde alcun posto di lavoro alle dipendenze dell’Amministrazione Pubblica per la quale ha lavorato, non avendo superato il vaglio di un concorso per un posto stabile. Il lavoratore a termine nel pubblico impiego potrà al più far valere la perdita di chance dell’occupazione migliore, tale essendo la connotazione intrinseca del danno, seppur più intenso, ove il termine sia illegittimo per abusiva reiterazione dei contratti.

Gli Ermellini, pertanto, cassano la sentenza e rinviano al giudice di primo grado la rideterminazione del quantum del risarcimento precisando che: il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno previsto dall’art. 36 comma 5 D.Lgs. 165/2001, nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto(criteri previsti dalla l. 604/1966), ferma restando la possibilità, per lo stesso, di provare che la perdita di chances di lavoro, perché impiegato in reiterati contratti a termine in violazione di legge, si è tradotta in un danno patrimoniale più elevato.

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