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Irap professionisti. Esclusa l’applicazione dell’imposta per lo “studio attrezzato”.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Irap professionisti. Esclusa l’applicazione dell’imposta per lo “studio attrezzato”.

Il professionista non può essere assoggettato ad Irap solo perché possiede uno studio attrezzato, infatti, l’autorganizzazione dell’attività professionale, non rientra tra i presupposti per l’applicazione dell’imposta regionale sulla attività produttive.

A confermarlo l’indicato principio è la Cassazione con la pronuncia n. 17341/2016.

Sul punto il D.lgs 446/1992 che istituisce l’Irap, (imposta regionale sulla attività produttive), all’art 2 recita: “Presupposto dell’imposta, è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione e allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.

 

Nel caso in esaminato dalla Cassazione, un professionista (Ingegnere), si vedeva negare dall’Agenzia delle Entrate, il rimborso Irap, versata per gli anni dal 2002 al 2005.

Il Contribuente, lamentava nelle proprie motivazioni, la violazione e falsa applicazione dell’art 2 del D.lgs n 446/1992 per avere la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, ritenuto “l’organizzazione dello studio professionale” sufficiente a integrare il presupposto dell’Irap, senza constatare la presenza di dipendenti o collaboratori, e l’eventuale esistenza e utilizzo di beni strumentali.

La Suprema Corte, ha invertito la decisione della CTR Ligura, perché contraria ai principi di diritto enunciati dalla Giurisprudenza, ai fini della nozione di autonoma organizzazione ai fini dell’imposta.

Con la Sentenza n. 17341/2016, i Giudici della Corte Suprema di Cassazione, hanno precisato che l’Irap presuppone una capacità di lavoro aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista, e pertanto colpisce il reddito derivante da una struttura organizzativa estranea.

La stessa Cassazione, aveva recentemente chiarito, con la decisione n. 15754/2008, che l’Irap coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva”, rispetto a quella propria del professionista, e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva del profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, sono suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (dal lavoro di collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto e indiretto etc.), cosicché è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista a essere interessato all’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale”.

A conclusione della vicenda, i Giudici Supremi, hanno ritenuto fondata la motivazione del professionista, accogliendo il ricorso e cassando la sentenza impugnata, perché la CTR della Liguria si è limitata ad affermare, genericamente, che le attività di lavoro autonomo sono assoggettabili all’imposta regionale sulle attività produttive in presenza di un’auto-organizzazione dell’attività professionale (con uno “studio attrezzato”), a prescindere dalle caratteristiche dell’organizzazione dell’attività stessa e dalla verifica della sussistenza di quel qualcosa in più rispetto alla produttività auto-organizzata del solo lavoro personale.

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2364/2013 proposto da:

B.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 32, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DANESE, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DEI LO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 56/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA dell’11/04/2012, depositata il 06 /06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

 

Svolgimento del processo

 

B.N. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria n. 56/13/2012, depositata in data 6/06/2012, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad un’istanza del contribuente (ingegnere) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2002 al 2005 è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravarne dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che il contribuente, titolare di un proprio studio attrezzato (“sia pure … di minima consistenza”), per il solo fatto di svolgere l’attività professionale con continuità e mediante una propria organizzazione, aveva realizzato il presupposto di legge per l’applicabilità dell’IRAP. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

 

Motivi della decisione

 

  1. Il ricorrente lamenta, con l’unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, avendo la C.T.R. ritenuto sufficiente ad integrare il presupposto dell’IRAP “l’auto-organizzazione” del professionista, senza vagliare l’esistenza e consistenza dei beni strumentali, il ricorso al lavoro altrui e/o all’apporto di capitale (nella specie, il contribuente svolge l’attività senza l’apporto di capitale e di lavoro altrui).
  2. La censura è fondata.

Questa Corte ha affermato che l’IRAP coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla merci attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc..)”, cosicchè è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista… ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile netto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale” (Cass. 15754/2008).

In sostanza, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata cd il requisito della autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. S.U. n. 12109 del 2009; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011).

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha poi, di recente, affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivalo, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro albi che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

In ordine poi all’incidenza delle spese per beni strumentali, occorre verificare se si tratti o meno di beni eccedenti, secondo l’id quod plerumque acddit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale in assenza di organizzazione.

Come affermato di recente da questa Corte (Cass. 547/2016), “anche una spesa consistente riferita all’acquisto di un macchinario indispensabile per l’esercizio della professione può rilevarsi inidonea a significare l’esistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, tutte le volte in cui il capitale a tal fine investito non valga a rappresentare, fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore rappresentato dalla mera attività intellettuale del professionista ma risulti ad essa asservito ai fini dell’acquisto di attrezzatura connaturata e indispensabile all’esercizio dell’attività medesima e come tale inidoneo ad assumere rilievo, quale fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale c/o dalla professionalità del lavoratore autonomo”.

La decisione della C.T.R. non è conforme a detti principi di diritto, essendosi i giudici limitati ad affermare genericamente che le attività di lavoro autonomo, quale quella del commercialista, sono assoggettabili ad IRAP, in presenza di una “auto-organizzazione” dell’attività professionale (con uno “studio attrezzato”) a prescindere dalle caratteristiche dell’organizzazione dell’attività stessa e dalla verifica della sussistenza di quel “quid pluris, rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale”.

  1. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Liguria, in diversa composizione, per nuovo esame.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Liguria in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2016