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Sul riparto di giurisdizione in materia di appalti pubblici alla luce delle recentissima pronuncia del Consiglio di Stato.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Sul riparto di giurisdizione in materia di appalti pubblici alla luce delle recentissima pronuncia del Consiglio di Stato.

Secondo la sezione V del Consiglio di Stato, pronunciatasi con sentenza del 13 settembre 2016 n 3865, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario su una controversia avente ad oggetto la risoluzione di un rapporto contrattuale con la pubblica Amministrazione, anche qualora non si sia ancora provveduto alla sua formalizzazione attraverso la stipula del relativo contratto ma ne sia iniziata l’esecuzione in via d’urgenza ex art. 11, d.lgs. 163/2006.

In materia già le SS.UU. con la sentenza n. 9861 del 14 maggio 2015 hanno fornito utili chiarimenti in ordine alla giurisdizione nelle controversie che abbiano ad oggetto la validità e l’efficacia del contratto di appalto. Sul punto la Cassazione ha richiamato il noto criterio generale per individuare il foro competente in materia di appalti, in base al quale occorre distinguere la fase anteriore alla stipulazione del vincolo contrattuale tra pubblica amministrazione e controparte privata da quella successiva, talché mentre ogni questione relativa alla fase antecedente alla stipulazione del contratto ricade nella giurisdizione del giudice amministrativo, il giudizio vertente sul preteso inadempimento degli accordi negoziali e sulle conseguenti pretese risarcitorie deve essere affidato al giudice ordinario (fermo il potere-dovere del giudice ordinario, ove necessario, di disapplicare gli atti amministrativi invalidi).

Nel caso a quo, esaminato dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, viene respinto l’appello promosso da una società cooperativa sociale avverso la sentenza resa dal TAR Campania – Napoli, n. 2812/2016, con la quale il Giudice di prime cure ha declinato la propria giurisdizione a favore della giurisdizione ordinaria, in una controversia avente ad oggetto la risoluzione di un rapporto contrattuale con la pubblica Amministrazione, nonostante nel caso specifico pur essendosi dato inizio alla esecuzione delle prestazioni, non si era ancora provveduto alla stipula del relativo contratto. Ed invero, sotto tale ultimo profilo, con la pronuncia in esame, il Consesso ritiene che non è ravvisabile nessun contrasto con i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria n. 14/2014 (come asserito dalla appellante), dal momento che l’art. 11 del d.lgs. 163/2006 disciplina le ipotesi nelle quali è possibile disporre l’esecuzione in via d’urgenza del contratto, ossia prima della sua concreta stipulazione; afferma infatti il Collegio “è la stessa legge che consente il riferimento e l’operatività della disciplina negoziale, non ancora oggetto di formale stipulazione”. Pertanto, nella fattispecie, si versa nell’ambito della esecuzione di prestazioni, ossia di un rapporto giuridico in cui ciascuna delle parti ha il diritto di invocare dinanzi la giustizia ordinaria la risoluzione del contratto eseguito in via d’urgenza ex art. 11 d.lgs. 163 del 2006 e ciò ai sensi dell’art. 134 del medesimo decreto, che disciplina il diritto di recesso e dei susseguenti 135 e 136 regolanti la risoluzione del contratto.

 

Cons. Stato Sez. V, Sent., 13-09-2016, n. 3865

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4597 del 2016, proposto da:

Quadrelle – 2001 Società Coop. Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Tozzi C.F. (…), domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della V Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n13;

contro

Comune di Benevento, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Camillo Cancellario C.F. (…), con domicilio eletto presso Luigi Molinaro in Roma, via Federico Cesi, n. 44;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE VIII, n. 2812/2016, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha declinato la giurisdizione – risoluzione contratto per la gestione del servizio ristorazione scolastica.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Benevento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Luca Tozzi, Camillo Cancellario;

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

  1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania l’odierna appellante invocava: a) l’annullamento del provvedimento dirigenziale prot. n. (…) del 16 maggio 2016, avente ad oggetto “Risoluzione servizio ristorazione scolastica 01.03.2016 – 31.05.2016”; ove atti lesivi, delle presupposte diffide dirigenziali, del disciplinare di gara e del capitolato speciale d’appalto; b) l’accertamento della validità ed efficacia del rapporto in essere fino al 31 maggio 2016.
  2. Il TAR, qualificata la fattispecie come appalto di servizi, riconduceva alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della lite riguardante la risoluzione di un rapporto contrattuale con la pubblica Amministrazione, anche se nella fattispecie non si era ancora provveduto alla sua formalizzazione attraverso la stipula del relativo contratto.
  3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’originaria ricorrente, che denuncia l’erroneità della sentenza di prime cure nel non aver rilevato la sussistenza della giurisdizione del g.a., in quanto: a) in contrasto con i principi affermati dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, sostiene che il potere di autotutela pubblicistica sarebbe spirato non con la stipulazione del contratto, ma con l’inizio del servizio; b) l’inizio del servizio in mancanza del rapporto paritetico generato dalla stipulazione contrattuale impedisce all’amministrazione di utilizzare una tutela negoziale, consentendo solo l’utilizzo dell’autotutela pubblicistica; c) nel caso concreto il servizio in questione sarebbe reso in concessione, poiché il costo del servizio sarebbe sopportato dall’utenza e non dall’amministrazione comunale che sarebbe mera intermediaria, sicché assume il rischio che non acquistino i ticket o le card dal comune emittente. Pertanto, la giurisdizione esclusiva del g.a. dovrebbe essere affermata in forza dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.
  4. Costituitasi in giudizio l’amministrazione invoca la conferma della sentenza di prime cure, evidenziando tra l’altro che l’art. 23 del capitolato, pur precisando che il rapporto numero dei pasti serviti per il prezzo offerto dalla ditta possa subire variazioni pone tale rischio a carico dell’impresa nel limite massimo del 40%. In ogni caso a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 204/2004, anche in materia di servizi pubblici, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto dovrebbero essere devolute al g.o.
  5. Con successiva memoria l’appellante, nel contestare le argomentazioni dell’amministrazione appellata, evidenzia che l’art. 23 della lex specialis stabilirebbe la mera facoltà dell’Amministrazione di richiedere l’aumento o la riduzione entro il 40% dei pasti indicati nel capitolato ma, in ogni caso, nessuna norma del capitolato prevede il diritto dell’affidatario di pretendere il pagamento di eventuali somme da parte del Comune in caso di mancata erogazione dei pasti per assenza di domanda da parte degli utenti. Inoltre, lo stesso art. 22 del Capitolato vincolerebbe il pagamento delle fatture, l’analitica indicazione dei pasti serviti nonché delle ordinazioni effettuate dai vari plessi scolastici serviti.
  6. Occorre premettere che il presente giudizio quanto all’ampiezza del sindacato risulta limitato ai soli profili di giurisdizione in omaggio a quanto disposto dall’art. 105 c.p.a.
  7. Nel merito l’appello è infondato e non può essere accolto.

7.1. Quanto alle prime due doglianze deve rilevarsi che non si registra alcun contrasto con i principi enunciati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, dal momento che l’art. 11, D.Lgs. n. 163 del 2006, disciplina le ipotesi nelle quali è possibile disporre l’esecuzione in via d’urgenza del contratto, ossia prima della sua concreta stipulazione, come avvenuto nella fattispecie. In quest’ipotesi è la stessa legge che consente il riferimento e l’operatività della disciplina negoziale, non ancora oggetto di formale stipulazione da parte dei paciscenti. Pertanto, non può dubitarsi che si versi in ambito di esecuzione delle prestazioni ossia nell’esecuzione di un rapporto giuridico nel quale si confrontano diritti ed obblighi delle parti, tra i quali quello di invocare la risoluzione del contratto eseguito in via d’urgenza.

Né si ravvisa alcun contrasto con il principio di diritto affermato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 14/2014, secondo il quale: “Nel procedimento di affidamento di lavori pubblici se, una volta stipulato il contratto di appalto, le Pubbliche amministrazioni rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo (di recesso) regolato dall’art. 134 D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163“. Ed, infatti, l’esecuzione in via d’urgenza, in forza dell’espressa previsione normativa, anticipa il prodursi degli effetti della disciplina negoziale prima della formale stipulazione del contratto. La contestazione dell’inadempimento da parte dell’amministrazione nei confronti dell’appellante è intervenuta a gara conclusa, dopo che l’aggiudicazione definitiva era stata disposta, vale a dire dopo la “scelta del contraente”, che a norma dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), cod. proc. amm., in una lettura conforme ai principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, fonda l’ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cons. St., Sez. V, 27 agosto 2014, n. 4363). Pertanto, l’originaria ricorrente non ha azionato un interesse legittimo, avverso l’esercizio di una potestà discrezionale da parte dell’amministrazione in sede di autotutela diretta a rivedere la scelta del contraente a conclusione della fase ad evidenza pubblica, ma ha contestato la valutazione dalla stessa compiuta in ordine all’inadempimento dell’esecuzione in via d’urgenza delle prestazioni dedotte in contratto. In sostanza, il petitum sostanziale azionato nella presente controversia, il quale per conforme giurisprudenza di legittimità ed amministrativa va apprezzato sulla base delle caratteristiche e della consistenza della situazione giuridica fatta valere in giudizio (ex plurimis: Cass. civ., Sez. Un., 11 ottobre 2011, n. 20902, 16 novembre 2010, n. 23108, 16 maggio 2008, n. 12378; Cons. Stato, Sez. V, 27 gennaio 2014, n. 396, 2 ottobre 2012, n. 5170; Sez. VI, 24 marzo 2014, n. 1409), attiene all’esecuzione del contratto ed è diretto ad accertare l’esatto adempimento delle obbligazioni da esso discendenti. Sicché deve escludersi nella fattispecie la sussistenza della giurisdizione esclusiva del g.a. sulla scorta di quanto disposto dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a.

7.2. Del pari infondato, è il terzo motivo di appello, non sussistendo nella fattispecie i presupposti per ritenere si sia in presenza di una concessione di servizi.

In disparte il fatto che tutti i documenti di gara utilizzano la locuzione appalto di servizi, infatti, non risulta che il rischio economico incomba in capo all’appellante ed, infatti, nella definizione dell’oggetto dell’appalto l’art. 1 della lex specialis precisa che il servizio è reso a favore degli alunni delle scuole materne ed elementari ivi indicate oltre che del personale dell’amministrazione che ne ha diritto, e che i fruitori sono all’incirca 850 con una possibile oscillazione tra il 40% in più o in meno. L’art. 2 stabilisce l’ammontare dell’appalto. L’art. 22 prevede che: “l’appalto è finanziato con fondi propri dell’amministrazione Comunale di Benevento e in quanto servizio a domanda individuale, in quota parte, rimborsato all’ente successivamente dagli utenti”. L’art. 23, infine, precisa la possibilità di eventuale estensione o riduzione della fornitura. Il suddetto quadro esclude che il rischio di impresa sia a carico del fornitore, dal momento che l’amministrazione riserva all’appellante una prestazione che remunera in via diretta e che può essere quantificata preventivamente sulla base di indicazioni che sebbene di massima consentono all’imprenditore di prevedere le possibili oscillazioni della prestazione eroganda, escludendo che lo stesso possa vedersi non remunerato il capitale investito.

Pertanto, il riferimento al citato art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. non risulta corretto, dal momento che non si è in presenza di una concessione di servizi, ma di un appalto di servizi.

  1. In definitiva, l’odierno gravame merita di essere respinto. Nella novità e complessità delle questioni rattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore