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Trasporto pubblico inefficiente e sequestro preventivo di contribuzioni indebitamente percepite dalla Regione.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Trasporto pubblico inefficiente e sequestro preventivo di contribuzioni indebitamente percepite dalla Regione.

Oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato – purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, sia idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle  conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti”.

Deve conseguentemente ritenersi sottoponibile a sequestro l’ingiusto profitto consistito nell’erogazione, in favore della Regione, di una somma da destinarsi al servizio di mobilità locale, nonostante non fossero stati raggiunti gli obiettivi di efficienza.

Così ha deciso la Seconda Sezione della Corte di Cassazione con sentenza del 18 gennaio 2017, investita della vicenda che ha coinvolto la Regione Umbria, confermando un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità.

In dettaglio, con decreto del 4/7/2016 il GIP del Tribunale di Perugia aveva disposto il sequestro preventivo della somma di euro 5.996.858,24, accreditata sul conto della Tesoreria della Regione Umbria, in relazione all’ipotesi di reato ex artt. 110 e 640 bis cod. pen., ascritto ai legali rappresentanti e ai funzionari delle imprese di trasporto pubblico locale.

I fatti contestati agli imputati consistevano nell’avere inserito telematicamente nella banca dati dell’Osservatorio del trasporto pubblico locale del competente Ministero dati non corrispondenti agli effettivi ricavi da traffico ed ai corrispettivi di servizio da parte di aziende di trasporto pubblico locale, al fine di ottenere l’attribuzione di quota parte variabile del fondo pubblico nazionale per il trasporto pubblico locale di cui all’art. 16 bis del D.L. 95/2012 e al D.P.C.M. 113/2013. Attraverso la menzionata falsa attestazione gli autori, inducendo in errore i Ministeri eroganti in ordine ricorrenza dei presupposti legislativi per la concessione di tale contribuzione, procuravano alla Regione Umbria un ingiusto profitto, consistito dalla erogazione di quote del 10% della parte variabile del Fondo Nazionale Trasporti che, invero, non le sarebbero spettate, in ragione del mancato raggiungimento degli obiettivi di efficienza.

Pertanto, la somma, percepita e non dovuta, veniva sottoposta a sequestro preventivo. La Regione Umbria ha dapprima proposto avverso il predetto provvedimento istanza di riesame, respinta dal Tribunale di Perugia, che confermava il decreto impugnato, e successivamente ricorso per Cassazione, assumendo che non vi sarebbe stata alcuna possibilità del verificarsi di aggravamenti del delitto di truffa, in quanto la somma erogata dal Fondo Nazionale Trasporti era già stata corrisposta alla Regione, né avrebbero potuto protrarsi le conseguenze del reato, che dovrebbe considerarsi già perfetto e consumato al momento del trasferimento della somma alla Regione: il Tribunale, infatti, si adduceva, avrebbe confuso il raggiungimento dello scopo da parte dei privati con l’aggravamento del delitto di truffa, da ritenersi giuridicamente impossibile.

Le argomentazioni del ricorrente sono state, tuttavia, confutate dalla Corte di Cassazione che ha, invece, confermato, ritenendole congrue, le motivazioni sottese all’ordinanza impugnata.

La somma indebitamente percepita dalla Regione, per il mancato raggiungimento degli obiettivi di efficienza previsti, è stata correttamente sottoposta a sequestro, in quanto concretizzante un ingiusto profitto, sia pure non a favore degli agenti, bensì di “altri”, come previsto dalla fattispecie di reato de quo.

Inoltre, sostiene la Corte, il periculum in mora deve essere ravvisato nella circostanza per cui la disponibilità di quella somma, benché  priva di vincolo di destinazione, comunque comporterebbe di fatto il pagamento agli enti di trasporto locale; il che renderebbe incontestabile il collegamento indiretto della somma al reato contestato. Né è apparsa, infine, condivisibile ai giudici di legittimità la prospettazione difensiva secondo cui il Tribunale avrebbe confuso il raggiungimento dello scopo da parte degli indagati con l’aggravamento del reato di truffa, che si assume impossibile, in quanto sarebbe già leso il patrimonio dello Stato, bene protetto dalla norma: il raggiungimento del fine da parte delle aziende attraverso il pagamento integrale e tempestivo, infatti, costituirebbe un profitto mediato, mediante l’afflusso della quota del 10% nel bilancio della Regione Umbria, che non può essere considerato evenienza successiva ed estranea al reato, ma lo sviluppo delle sue conseguenze ed un aggravamento di queste, tale da rendere conforme al dettato normativo la misura reale adottata per finalità preventive.