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Una prima riflessione sul cd. “codice rosso” della giustizia

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Red shoes women of various models, are based on a white floor and are joined by a red ribbon, which is the common thread that unites them: violence against women, symbolized by red shoes.

Maltrattamenti, femminicidi, storie di donne deformate, sfregiate, la cui identità viene calpestata, storie di donne che possono solo essere raccontate.

Le cronache ci prospettano, con cadenza quasi quotidiana, un quadro dilagante di violenze sempre più cruente ed è proprio in questo contesto che si innesta l’intervento legislativo, emblematicamente battezzato con l’espressione “codice rosso”.

Sentito e fortemente voluto dalla collettività, il disegno di legge n. 1200/2019 in tema di violenze domestiche e di genere è stato definitivamente approvato dal Senato il 17 luglio scorso. Pertanto, a breve diventerà legge dello Stato, esplicando la sua efficacia decorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Esso consta di 21 articoli, che vanno ad incidere sia sul codice penale che su quello di procedura penale. In particolare, la riforma legislativa de qua si muove su tre fronti che possono essere individuati nei seguenti punti: accelerazione delle indagini; inasprimento delle pene ed introduzione di nuove fattispecie criminose, tra cui il 612 ter c.p., cd. reverge porn.

La prima modifica incide sul fattore tempo e non a caso è stata simbolicamente racchiusa nella formula “codice rosso”. Parimenti a quanto accade nell’ambito ospedaliero -ove ai pazienti vengono assegnati dei codici in base alla gravità delle patologie e all’urgenza dell’intervento-, mutatis mutandis si è voluto creare una cd. corsia preferenziale anche nelle aule di giustizia. Difatti, in applicazione della ratio legis sottesa all’intervento legislativo in esame, la riforma prevede, per i reati di violenza et similia, una velocizzazione nell’instaurazione del procedimento penale nonché nell’adozione di eventuali provvedimenti di protezione delle vittime. Più nel dettaglio, la novella legislativa riduce il margine di discrezionalità della Polizia giudiziaria, che in questi casi dovrà comunicare immediatamente, anche in via orale, la notizia di reato al Pubblico ministero (una disposizione simile era prevista solo per i delitti più gravi, in tema di stragi, mafia e terrorismo). Altresì, sempre su questa scia, il P.M. dovrà -salvo imprescindibili esigenze di tutela- sentire la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato.

La seconda novità, come accennato in premessa, concerne le sanzioni e la rimodulazione di alcune aggravanti. Difatti, sono previste pene più severe per alcuni reati già esistenti, quali i maltrattamenti contro familiari e conviventi. A titolo meramente esemplificativo, basti pensare che la violenza sessuale potrà ora essere punita fino a 12 anni di reclusione, a fronte dei 10 attuali e lo stalking fino a 6 anni e 6 mesi, rispetto ai 5 attuali. Nel disegno di legge viene attuata anche una rivisitazione di alcuni benefici, quale, ad esempio, quello della sospensione condizionale della pena ex art. 165 c.p. che in questi casi è subordinata alla partecipazione di corsi terapeutici specifici per la prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per tali reati.

Inoltre, la novella legislativa prevede nuove fattispecie criminose: difatti, l’art. 583 quater c.p. prevede un nuovo reato per chi provoca la deformazione dell’aspetto della vittima, con lesioni permanenti al viso. In tal caso, la pena è la reclusione da otto a quattordici anni, mentre, se lo sfregio causa la morte del danneggiato, la pena è l’ergastolo. Inoltre, per chi viene condannato, è prevista l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio relativo alla tutela, alla curatela ed all’amministrazione di sostegno, ed in più sarà più difficile ottenere benefici come l’assegnazione di lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione.

Altra novità è l’introduzione del reato di revenge porn, che punisce con la reclusione sino a sei anni chiunque diffonda, consegni, ceda, invii o pubblichi foto o video a contenuto sessuale di una persona senza il consenso della stessa, per vendicarsi dell’ex, dopo la fine della relazione.

Queste, tra le varie, le modifiche apportate dal suddetto disegno di legge all’architettura processualpenalistica del nostro ordinamento giuridico.

Va da sé che solo l’applicazione della stessa nel tempo potrà meglio di chiunque altro fare un bilancio, evidenziandone pro e contro.

Allo stato non si può che prendere atto dell’esistenza di un fenomeno serio ed allarmante di violenze sempre più efferate, probabilmente per certi versi anche auto-criminogene, che richiede l’impegno di tutti i livelli e le risorse delle istituzioni. Il disegno di legge in esame è sicuramente un primo passo ma ovviamente non può essere l’unico né l’ultimo nell’ambito di quello che dovrebbe essere prima di tutto un cambiamento della forma mentis. Dovrebbe esserci, sopra ogni cosa, una rivoluzione culturale ed intellettuale, che parta dalla concezione obsoleta, purtroppo ancora esistente in talune realtà retrograde, che vede la differenza di genere e la vuole come ostacolo, come motivo di supremazia.

Mai come oggi urge una rinnovazione del pensiero che superi le anacronistiche dicotomie uomo-donna nonché la logica del dominio e dell’esclusione. Bisognerebbe mutare la prospettiva ed innalzare la considerazione dell’individuo per rimettere al centro il concetto di persona, non più ancorato alla diversità bensì riconosciuto e sintetizzato nel concetto di libertà. E’ questo il principio, consacrato dai nostri padri costituzionalisti nell’art. 3 della Carta fondamentale dei diritti oltre settant’anni fa, che dovrebbe permeare il nostro operato di consociati tutti. Ripensare alle origini del nostro diritto per andare oltre.

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Anna Sofia Sellitto
Giudice penale presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università “Federico II” in cinque anni accademici, discutendo una tesi in diritto penale. Presso il medesimo Ateneo, si è specializzata in professioni legali ed ha seguito il master-corso di perfezionamento in Diritto dell’Unione europea. Ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli ed ha conseguito il titolo di avvocato. Ha frequentato diversi corsi di approfondimento post lauream ed ha collaborato alla redazione del Codice di procedura civile 2017 di M. Santise, edito da Giappichelli.