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È risarcibile il danno non patrimoniale mediante class action?

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Il danno non patrimoniale è risarcibile anche nelle azioni promosse ex art. 140-bis D.Lgs. 206/2005 (c.d. “Class action”), purché:

  1. i pregiudizi subiti superino quella soglia di sufficiente gravità e serietà individuata in via interpretativa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte del 2008 (Cort. Cass, S.U., n. 26972/2008);
  2. sussista l’essenziale requisito della ‘omogeneità’ (ex 140-bis cit.), inteso come il tratto proprio di pretese individuali che, vantate da un insieme di consumatori o di utenti, siano accomunate da caratteristiche tali da giustificarne un apprezzamento ‘seriale’ e una gestione processuale congiunta.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14886 del 31 maggio 2019, con la quale, cassando la sentenza impugnata della Corte di Appello di Milano, ha riconosciuto l’astratta compatibilità del risarcimento del danno non patrimoniale con il ricorso alle forme processuali dell’azione di classe.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Milano, riformando la sentenza di primo grado e accogliendo l’azione di classe proposta nell’interesse degli utenti dei trasporti ferroviari lombardi avverso la Trenord s.p.a., condannava la stessa anche al risarcimento del danno non patrimoniale.

In particolare, il giudice di Appello motivava asserendo che, a causa dell’inefficienza della suddetta società, dei disservizi e disagi da essa prodotti (quali, a titolo esemplificativo: ritardi prolungati, cancellazione di corse, trasbordi da un convoglio all’altro, modifiche di itinerari, condizioni di sovraffollamento dei convogli, assenza di forme di assistenza minime e di informazioni)“tutti gli utenti, titolari di abbonamenti periodici e, dunque, nella generalità, pendolari, dovettero certamente sviluppare in modo uniforme e generalizzato una forma di ansia e di insofferenza per gli inconvenienti, i fastidi e le difficoltà, se non addirittura l’impossibilità, di effettuare i propri normali spostamenti al fine di raggiungere le sedi di lavoro, i luoghi di studio e così via”.

La Suprema Corte stigmatizza la decisione della Corte di Appello per la mancanza, da un lato, degli elementi che configurano il danno non patrimoniale, dall’altro, del carattere fondante il risarcimento in sede collettiva.

A tal proposito i giudici ermellini, in primo luogo, ricordano il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che, sul tracciato dei principi affermati dalle Sezioni Unite del 2008, ha delineato nel dettaglio i tre requisiti necessari della tutela risarcitoria del danno non patrimoniale:

  • l’interesse che si asserisce essere stato leso deve avere rilevanza costituzionale, pervenendo diversamente ad una tacita abrogazione dell’art. 2059 c.c.;
  • la lesione dell’interesse deve essere grave, ossia superare quella soglia minima di tollerabilità che, in virtù del principio di solidarietà sancito all’art. 2 Cost., ciascuno è tenuto a tollerare;
  • il danno non deve essere futile, vale a dire non deve limitarsi a meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, ovvero lesioni di diritti “immaginari”, quali quello alla qualità della vita o la felicità.

Si sofferma, poi, sullo specifico requisito strutturale dell’azione di classe, ossia l’omogeneità delle situazioni soggettive e diritti lesi, che ne giustifica sia l’apprezzamento ‘seriale’, sia la gestione processuale congiunta.

La corretta definizione di tale requisito appare fondamentale per garantire effettività ad un meccanismo processuale quale quello dell’azione collettiva, anche nella nuova “versione” introdotta con la Legge n. 31 del 2019 (che entrerà in vigore il 19 aprile 2020). La giurisprudenza di merito, nel tentativo di fornire indicazioni ermeneutiche, ha ritenuto che si configurano diritti individuali omogenei qualora “la fonte del danno è comune per tutti e la quantificazione del risarcimento appare effettuabile in base a criteri uniformi” (Trib. Venezia, ordinanza 25 maggio 2017).

Ciò premesso, la Cassazione, con la pronuncia in oggetto, riconosce la possibilità in astratto di ottenere la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale mediante class action, ma specifica che tale richiesta risarcitoria deve essere ineludibilmente subordinata al superamento di quella soglia di gravità e serietà individuata in via interpretativa (Cass. S.U. 2008), e alla prospettazione di circostanze comuni a tutti i membri della classe e, dunque, di danni non individualizzati.

Sulla base di tale soluzione interpretativa, il soggetto danneggiato è libero di scegliere se promuovere o aderire ad una azione di classe, restando in tal modo vincolato ad una istruttoria “seriale” e ad un risarcimento “forfettizzato”, ovvero esperire un’azione risarcitoria individuale, al fine di ottenere la liquidazione personalizzata del danno non patrimoniale patito.