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Diritto Civile. La consulenza ginecologica non permette di accertare se la donna avesse o meno consumato il matrimonio.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Con la sentenza n.1729/2015, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla moglie avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, che, invece, aveva accolto la domanda del marito e pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio per mancata consumazione.

Tra i motivi addotti nel ricorso, vi era la violazione dell’art. 2697 c.c., dal momento che incongruamente la Corte aveva tratto la prova della non consumazione dalla CTU ginecologica espletata in primo grado, non essendo quest’ultima del tutto compatibile, poiché pur se non vi fosse nel caso di specie l’integrità imenale della donna, non era possibile accertare se vi fosse stata una completa penetrazione, per cui dovevano essere valutati anche gli atti difensivi della convenuta, che in primo grado aveva riconosciuto che il matrimonio non era stato consumato. Altro vizio di motivazione sarebbe un’erronea valutazione della fattispecie della consumazione, desunta da circostanze diverse da quelle idonee a provarla, quali lo stato di verginità, l’impotenza funzionale e la lontananza fisica.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, poiché ritiene il primo motivo del tutto infondato, in quanto la Corte di Appello avrebbe valorizzato sia gli esiti della CTU, sia le dichiarazioni fatte dal procuratore della convenuta nel precedente grado di giudizio, che hanno semplice valore indiziario, idonee in virtù di un’adeguata valutazione di merito di poter consentire di ritenere provata la non consumazione. Anche l’altro motivo è da ritenersi infondato dal punto di vista logico e giuridico, poiché non chiarisce in cosa debba consistere il rapporto sessuale completo che possa dirsi consumativo del matrimonio.

La fattispecie della mancata consumazione del matrimonio è una delle ipotesi di cessazione degli effetti civili del matrimonio, prevista dall’art.3 n.2 lett.f della l. 898/1970. E’ di sicuro un’ipotesi anomala, che il nostro legislatore ha mutuato dal diritto canonico e che, forse, andrebbe rivista alla luce della situazione attuale.

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Cass., Sez. I civ., n. 1729/2015, Relatore D’Amato