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L’utilizzabilità nel processo tributario delle dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori ed inserite nel PVC

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L’utilizzabilità nel processo tributario delle dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori ed inserite nel PVC

Nel processo tributario, le dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori ed inserite nel processo verbale di constatazione, avendo natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative, non infrangono il divieto di utilizzo del giuramento e della prova testimoniale risultando pienamente utilizzabili quali elementi di prova.

In tema di contenzioso tributario, la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 4, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 -secondo cui nel processo tributario “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”- in quanto limitativa dei poteri delle commissioni tributarie e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica, disciplinati da altre disposizioni, vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio. Le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova.

Il principio, da ritenersi consolidato nella giurisprudenza di legittimità, è stato nuovamente espresso in una recente ordinanza definita in sede camerale. Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso presentato dall’Ufficio finanziario, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata con la quale il giudice tributario aveva respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate proposto avverso la decisione di prime cure che aveva accolto il ricorso di una s.p.a. avverso l’avviso di accertamento ai fini IRAP-IRES per l’anno 2005, emesso a seguito di processo verbale di constatazione nel quale erano state contestate indebite detrazioni, in relazione ad operazioni ritenute inesistenti.

Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., 22-09-2014, n. 19965

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

La CTR di Bologna ha respinto l’appello dell’Agenzia, appello proposto contro la sentenza della CTP di Modena n. 53-06-2008 che aveva accolto il ricorso della “Castel Carni spa” avverso avviso di accertamento ai fini IRAP-IRES per l’anno 2005, emesso a seguito di PVC, nel quale erano state contestate indebite detrazioni, in relazione ad operazioni ritenute inesistenti.

La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’inesistenza delle operazioni qui in discorso non poteva risultare dimostrata con le circostanze indicate in appello (una per una indicate) perchè esse “costituiscono elementi assolutamente irrilevanti, poichè da tali fatti non è possibile risalire convincentemente all’inesistenza dell’operazione contestata, in assenza di un nesso causale esclusivo ed univoco tra il fatto noto e quello ignoto, ovvero in assenza di una elevata probabilità che un fatto sia conseguenza dell’altro”. La CTR ha inoltre ritenuto che “neppure le dichiarazioni del legale rappresentante della Penny Market Italia srl sull’inesistenza dell’intermediazione non possono costituire indizio decisivo, tenuto conto che tale affermazione non è stata presa in contraddittorio e che nel processo tributario non è ammessa la prova testimoniale”.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La parte intimata si è difesa con controricorso.

11 ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il secondo motivo (rubricato come: “violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 4 e dell’art. 2729 cod. civ. e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ e che, per il fatto di essere di più pronta liquidazione può essere anteposto nell’esame), la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice del merito abbia escluso dal novero degli elementi di prova le dichiarazioni rese ai verbalizzanti dai legali rappresentanti della ditta fornitrice della merce, atteso che esse non sono state assunte in contraddittorio e che nel processo tributario non è ammessa la prova testimoniale.

Il motivo appare fondato e può essere accolto, essendo l’argomento del giudice del merito in contrasto con il consolidato orientamento della Corte Suprema a proposito dell’efficacia delle dichiarazioni di terzi raccolte dai verbalizzanti e valorizzate nel processo tributario.

Ed infatti, si confronti, per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20032 del 30/09/2011:” In tema di contenzioso tributario, la disposizione contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 4, – secondo cui nel processo tributario “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale” – in quanto limitativa dei poteri delle commissioni tributarie e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica, disciplinati da altre disposizioni, vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio. Le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova”.

Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto la violazione della disciplina di legge può essere accolta e che la causa (previo assorbimento del primo motivo di ricorso) debba essere rimessa al giudice del merito come giudice del rinvio affinchè torni a valutare la concludenza del materiale probatorio prodotto in causa, anche alla luce di quello che è stato illegittimamente escluso dal novero dell’ammissibile da parte della sentenza qui impugnata.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 15 settembre 2013.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che la sola parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa, il cui contenuto non induce questa Corte a rimeditare le ragioni poste dal consigliere relatore a sostegno della proposta di soluzione della controversia;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Emilia Romagna che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2014