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Il beneficium ordinis in caso di debiti anteriori alla scissione.

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Palais de Justice Rome Cour suprême de cassation

Il beneficium ordinis in caso di debiti anteriori alla scissione.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4455, depositata il 7 marzo 2016, ha fornito alcuni chiarimenti in tema di scissione societaria e precisamente con riferimento alla corretta interpretazione dell’art. 2506-quater, terzo comma, c.c..

Nel caso di specie una società in accomandita semplice deliberava un’operazione di scissione, con attribuzione di parte del patrimonio ad una società per azioni di nuova costituzione.

Successivamente interveniva sentenza di fallimento di entrambe le società contro la quale la sola s.a.s. proponeva opposizione. I giudici di secondo grado, confermando il fallimento già sancito dai giudici di prime cure, sostenevano che il trasferimento di parte del patrimonio della scissa alla newco non liberava la prima dai debiti trasferiti alla beneficiaria, ove scaduti e non soddisfatti. Conseguentemente questi erano stati correttamente calcolati ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza della società.

Con il ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, la s.a.s. ha eccepito, tra l’altro, un’errata interpretazione dell’art. 2504-decies, secondo comma, c.c. all’epoca vigente, il cui contenuto è stato poi trasfuso nell’attuale art. 2506-quater, terzo comma, c.c. il quale prevede che “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”.

La Suprema Corte si è così espressa su due differenti quesiti interpretativi: la ripartizione dei debiti anteriori alla scissione e l’ampiezza della responsabilità delle società partecipanti alla scissione.

Quanto al primo, la norma prevede la responsabilità solidale tra le società partecipanti alla scissione, ma non è chiaro se ciò comporti anche il beneficio di preventiva escussione del patrimonio della scissa. Sul punto gli Ermellini hanno sancito che il legislatore, quando prevede tale beneficio, si riferisce sempre al patrimonio (artt. 563, 1944, 2268, 2304 c.c.) o al debitore da sottoporre ad esecuzione forzata, (artt. 2393-bis e 2868 c.c.), mentre nel caso in esame la norma richiede solo che i crediti siano rimasti insoddisfatti. Ciò conduce a ritenere che possa parlarsi, al più, solo di un benefium ordinis che si può attuare mediante costituzione in mora (così Cass., sez. III, 4 giugno 2009, n. 12896).

Con riferimento al secondo quesito interpretativo, l’art. 2506-quater, terzo comma, c.c. prevede che le società derivanti dalla scissione siano responsabili dei debiti della società scissa nei limiti del “valore effettivo del patrimonio netto” assegnato o rimasto alla società escussa. Sul punto i Giudici di Piazza Cavour, dando ragione ai ricorrenti, hanno sancito che la ratio della norma è quella di individuare solo la misura del credito aggredibile, non l’entità della garanzia da prestare in favore dei creditori.

Sicché, solo la società alla quale sia stato trasferito o abbia mantenuto il debito ne risponde per l’intero, mentre le altre società ne rispondono, solidalmente tra loro, solo nei limiti della quota di loro speranza da quantificarsi sul patrimonio netto effettivamente destinato al soddisfacimento dei creditori al momento della scissione. Queste ultime potranno essere chiamate a rispondere dei debiti anteriori alla scissione unicamente nei limiti del patrimonio loro assegnato.

Detto ciò, si precisa che quanto detto non può portare in alcun modo all’esclusione della solidarietà tra tutti i debitori, perché, come sancisce l’art. 1293 c.c. , “la solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse” e nello stesso senso si esprime, come detto, l’art. 2506-quater, terzo comma, c.c. che prevede espressamente la solidarietà tra debitori i quali, per definizione, rispondono in misura diversa della medesima prestazione.

 

Cass. civ. Sez. I, Sent., 07/03/2016, n. 4455

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

  1. P. & C. s.a.s., P.R. e le eredi di P.G., domiciliare in Roma, via XXIV Maggio 43, presso l’avv. prof. BUSSOLETTI MARIO, che le rappresenta e difende unitamente all’avv. Massimo Peluso, come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento della G. P. & C. s.a.s., domiciliato, via Zanardelli 20, presso l’avv. Luigi ASlbisinni, rappresentato e difeso dall’avv. ARGENTO MICHELE, come da mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Intesa San Paolo s.p.a.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 563/2009 della Corte d’appello di Bari, depositata il 27 maggio 2009;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

udito il difensore dei ricorrenti, avv. Bussoletti;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha chiesto accoglimento in gradato subordine del primo e del secondo motivo, assorbimento per il resto.

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bari ha ribadito il rigetto dell’opposizione proposta dalla G. P. & C. s.a.s. e dalle eredi del socio accomandatario avverso la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento il (OMISSIS). Ritennero i giudici del merito che la scissione operata nel 1998, con il trasferimento alla società di nuova costituzione Frost Italia s.p.a.

di una parte del patrimonio della G. P. & C. s.a.s., non aveva liberato la società scissa dei debiti trasferiti alla società beneficiaria, ove scaduti e non soddisfatti, sicchè anche di tali debiti occorreva tener conto nell’accertamento del suo stato di insolvenza, non essendo necessaria la preventiva escussione della società beneficiaria, mentre era certa la cessazione dell’attività di impresa trasferita alla beneficiaria.

Contro la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione la G. P. & C. s.a.s., P.R. e le eredi di P.G., deducendo quattro motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il fallimento, mentre non ha spiegato difese la banca intimata.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2504 decies c.c., comma 2, nella formulazione all’epoca vigente, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente riconosciuto una responsabilità solidale, anzichè solo sussidiaria, tra la società scissa e la società beneficiaria e abbiano perciò assegnato rilevanza all’ingente credito di Caripuglia s.p.a., benchè trasferito alla beneficiaria Frost Italia s.p.a., non previamente escussa.

Sostengono che l’interpretazione corretta della norma esclude la solidarietà tra la società beneficiaria e la società scissa, che non può essere chiamata a rispondere dei debiti trasferiti senza la previa escussione della società cui sono stati trasferiti, perchè la ratio legis è quella di mantenere integre, non di aumentare le garanzie dei creditori sociali. La solidarietà è limitata al rapporto tra le società cui il debito non fa carico, e non anche al rapporto tra queste società e quella cui il debito è trasferito.

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione degli artt. 2504 decies e 2740 c.c., lamentando che i giudici del merito non abbiano limitato la responsabilità della G. P. & C. s.a.s. al valore netto del patrimonio rimastole dopo la scissione.

Sostengono che, ove tale limite quantitativo della responsabilità fosse stato rispettato, non sarebbe stato possibile dichiararne l’insolvenza, perchè la società aveva le disponibilità per soddisfare il debito quantificato in L. 324.780.506, corrispondente alla differenza tra l’attivo e il passivo risultante dal progetto di scissione, o in L. 8.828.836.040, secondo l’accertamento del consulente d’ufficio.

Censurano comunque la sentenza impugnata perchè ha ritenuto che il limite del patrimonio netto trasferitole non definisca l’entità del debito di cui la società scissa può essere chiamata a rispondere, bensì la misura della garanzia patrimoniale per debiti anche maggiori.

Con il terzo motivo le ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano considerato superflua la questione del limite di responsabilità della società scissa, nonostante la rilevantissima incidenza che la questione aveva nell’accertamento dello stato di insolvenza.

Con il quarto motivo le ricorrenti deducono ancora vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che, ai fini dell’accertamento dell’insolvenza, i giudici del merito abbiano irragionevolmente rapportato la totalità del passivo, trasferito e rimasto, al solo attivo rimasto alla società scissa. Sicchè l’insolvenza in realtà non sussisteva, come dimostrato dal fatto che successivamente tutti i debiti trasferiti sono stati effettivamente pagati dalla Frost Italia s.p.a. cui erano stati caricati. I debiti propri della G. P. & C. s.a.s. ammontavano infatti a L. 145.149.272, mentre è del tutto infondato l’assunto che la società avesse cessato l’attività di impresa, essendo stata l’impresa ceduta in realtà alla Frost Italia s.p.a..

  1. Il ricorso è solo in parte fondato.

L’art. 2504 decies, comma 2, come oggi l’art. 2506 quater c.c., comma 3, prevedono che, nel caso di scissione, “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”.

L’interpretazione di questa disposizione è qui controversa sia nella parte in cui prevede che la società scissa risponde dei crediti “non soddisfatti dalla società cui fanno carico”, sia nella parte in cui limita la responsabilità solidale di ciascuna società al “valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto”.

Sotto il primo profilo è ragionevole escludere che la norma riconosca un beneficio di previa escussione, perchè, nei casi in cui è previsto, tale beneficio è sempre riferito al patrimonio ( artt. 563, 1944, 2268 e 2304 c.c. ) o al debitore da sottoporre a esecuzione forzata (art. 2393 bis, e art. 2868 c.c.). Mentre la norma in esame presuppone solo che i crediti da far valere siano rimasti insoddisfatti. Prevede dunque solo un beneficium ordinis, che, secondo la giurisprudenza di questa corte, presuppone esclusivamente la costituzione in mora del debitore (Cass., sez. 3^, 4 giugno 2009, n. 12896, m. 608385).

Ne consegue che del debito trasferito alla Frost Italia s.p.a. poteva già essere chiamata a rispondere la G. P. & C. s.a.s.

al momento del fallimento, solo se fosse già intervenuta la costituzione in mora del debitore. E questo accertamento di fatto non è stato compiuto dal giudice del merito.

Vero è che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, si trattava di obbligazione già scaduta al momento della scissione. Ma non essendo indicata la natura del credito, non è possibile stabilire in questa sede se il debitore fosse già in mora.

Quanto al limite del “valore effettivo del patrimonio netto” assegnato o rimasto alla società escussa, hanno ben ragione le ricorrenti a sostenere che esso definisce la misura del credito azionabile nei confronti delle società non beneficiarie, non la misura della garanzia patrimoniale prestata dal debitore. Sicchè ciascuna delle società risultanti dalla scissione può essere chiamata a rispondere solidalmente del passivo consolidato, ma solo la società cui il debito è trasferito o mantenuto ne risponde per intero, mentre le altre società ne rispondono solo nei limiti della quota di loro spettanza su quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori. E in questo senso la norma tende appunto, come auspicato dalle ricorrenti, a mantenere integre le garanzie dei creditori sociali, non certo ad accrescerle.

Queste due limitazioni, quella del beneficium ordinis e quella del limite di responsabilità, non escludono affatto la solidarietà tra tutti i debitori, perchè, come precisa l’art. 1293 c.c. , “la solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse”; e lo stesso art. 2504 decies c.c., prevede espressamente la solidarietà tra debitori che per definizione rispondono in misura diversa della medesima prestazione.

D’altro canto l’erroneità dell’interpretazione proposta dai giudici del merito, con riferimento all’incidenza del limite del “valore effettivo del patrimonio netto” assegnato o rimasto alla società escussa, comporta l’esigenza di un accertamento ex novo dello stato di insolvenza, non essendo possibile stabilire in questa sede per quale quota la G. P. & C. s.a.s. potesse essere chiamata a rispondere del debito verso la Caripuglia e quale incidenza effettiva avesse tale debito sulla situazione patrimoniale della società.

Definita dunque nel senso indicato la corretta interpretazione dell’art. 2504 decies c.c., comma 2, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, perchè i giudici del merito accertino se per il credito vantato dalla Caripuglia vi fosse stata già costituzione in mora dei debitori e se, considerata l’effettiva incidenza di tale debito sul patrimonio della G. P. & C. s.a.s., sussistesse il suo stato di insolvenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2016